Sinistra e libertà di…

dicembre 18, 1999


Pubblicato In: Giornali, La Stampa


Il  risultato della pluridecennale battaglia tra comunismo e anticomunismo non può essere di 1 a 0, chiede Ugo Intini (Lettera di un socialista perbene, La Stampa di giovedì). E il numero due della Quercia, Pietro Folena, si dichiara d’accordo. Ma più che mettersi d’accordo sul punteggio finale della partita è importante sapere quale sia il gioco: che è quello di come si governa una democrazia in un sistema di mercato aperto.

Il programma di modernizzazione del Paese era stato la speranza che aveva accompagnato il psi negli Anni 80. Ma alla fine non abbiamo avuto un capitalismo moderno: abbiamo avuto invece insieme e i vecchi difetti italiani e una pervasiva corruzione della politica e del mercato, che ha lasciato il Paese con deficit gravi: di opere infrastrutturali, di amministrazione pubblica capace di progettarle, di imprese capaci di produrle ai costi dei mercati concorrenziali. Per riparare i danni si è voluto imboccare la via giudiziaria: invece di un’analisi politica dei fatti, volta a impedire il loro riprodursi, abbiamo avuto, con i morti e le tragedie individuali che l’hanno accompagnata, qualcosa di simile alla «guerra civile» di cui parla Intini. Occorre dunque «la pacificazione generale, la storicizzazione dei meriti e delle colpe», come egli richiede; ma confonderla con la soluzione del pasticcio di una crisi che si spiega solo con una legge elettorale sbagliata e con una forma di governo debole, invece che marcare il punto, aggiunge errore a errore.

Rispetto al tema di dove portare il Paese oggi, la partita su chi aveva torto e ragione tra democratici e amici di Mosca, ha sì un rilievo, ma solo storico. Ex comunisti e socialdemocratici sono infatti entrambi in difficoltà nel fare i conti con la globalizzazione e l’emergere dell’individualismo di massa. Il problema cioè è la capacità della sinistra di pensare non più in termini di classe ma di individui; di mettere l’accento non più solo sulle libertà da – cioè assenza di costrizioni – ma sulle libertà di – cioè la capacità di ciascuno di controllare il proprio destino; di trasformare le necessità oggettive in bisogni soggettivi. Su questa strada la sinistra ha davanti a sé un passaggio impervio: la ridefinizione del proprio rapporto con il sindacato. Perché non è possibile perseguire le libertà individuali, cercare di organizzare gli interessi diffusi, rivolgersi ai consumatori, ai giovani, agli esclusi; e lasciarsi poi frenare dal timore di perdere il consenso elettorale dei gruppi organizzati. E questo punto la sinistra lo deve ancora segnare: se vogliamo guadagnare la posta in gioco, la realizzazione in Italia di un capitalismo moderno.

Invia questo articolo:
  • email
  • LinkedIn



Stampa questo articolo: