Si fissi un limite al prelievo fiscale

aprile 8, 1997


Pubblicato In: Giornali, Il Messaggero


Centinaia sono le modifiche proposte alla Bicamerale, occupa­no più di 2000 pagine: io sono il solo — a quanto mi consta — ad avere avanzato due proposte di carattere fondamentale per il nostro sistema eco­nomico.

La prima è volta a por­tare in Costituzione il mercato, cioè il sistema di relazioni e di informa­zioni in cui tutti viviamo e operiamo, da cui nasce la ricchezza del paese. «Il mercato e la concorrenza sono tutelati da una appo­sita autorità indipenden­te, con criteri e modalità stabiliti dalla legge», que­sto il testo della mia pro­posta, congegnata, per motivi tecnici, come mo­difica dell’articolo 99.

Alcuni dei temi che ri­guardano l’intervento del­lo Stato in economia so­no contenuti nella prima parte della Costituzione: proprietà, iniziativa eco­nomica, ruolo dei sindaca­ti. Altri, bilancio e organi ausiliari, nella seconda par­te, quella di cui si occupa la Bicamerale. Altri non sono neppure citati, mer­cato e moneta. E’ bensì vero che accanto alla nostra Costituzione esiste il diritto comunitario, una com­ponente di diritto costitu­zionale a tutti gli effetti, perché non solo le imprese, ma anche esecutivo e legi­slativo sono tenuti ad osser­varla. Ma io credo che si debba ribadire che i limiti ideologici che hanno ispira­to i temi economici della nostra carta fondamentale sono seppelliti dalla storia, da cui hanno ricevuto un inappellabile giudizio nega­tivo. Credo che si debbano utilizzare gli spazi disponi­bili nella legge istitutiva del­la Bicamerale per radicare nell’opinione pubblica pun­ti di riferimento e istituzio­ni adeguati alle evoluzioni che hanno interessato la no­stra società, ai paradigmi culturali che, sia pure tra fa­tiche ed incertezze, stiamo acquisendo.

Per questo ho avanzato la proposta di costituziona­lizzare mercato e concorren­za. Sarebbe necessario che da parte di organi di infor­mazione, accademici, mem­bri della Commissione Bica­merale si aprisse un dibatti­to su questo tema: perché ri­gore e mercato sono obietti­vi di importanza pari a quelli della forma di Stato e di Governo, o delle garanzie.

Ma c’è una seconda pro­posta altrettanto fondamen­tale, anche se più provoca­toria. Diverse proposte so­no state presentate che mi­rano a porre un limite alla possibilità dei Governi di far spese in deficit, “blin­dando” la legge di bilancio. Anch’io ne ho presentata una, pur se l’esperienza — ­valga per tutte quella della legge Graham Rudman ne­gli Usa — insegna che non è grazie a vincoli formali che le economie occidentali sono riuscite ad imboccare la strada della riduzione dei deficit di bilancio. L’espe­rienza concreta dimostra piuttosto che i governi sono anche capaci di significativi passi per la riduzione dei

disavanzi, ma solo o preva­lentemente ricorrendo ad un aumento della pressione fiscale. Vale cioè quanto scriveva il Nobel James Bu­chanan (The Power to Tax): «Il Governo al di là dei suoi mutamenti ideolo­gici e di indirizzo politico comunque massimizza le entrate ricavabili da ogni potere di imposizione costi­tuzionalmente concessogli». E’ quello che sta accadendo puntualmente anche in Ita­lia, dove, a dispetto di ogni impegno, la pressione fisca­le aumenta.

Qui non ci viene in aiuto Maastricht: il famoso vinco­lo del 3% non dice a che livello di prelievo fiscale que­sto viene raggiunto, se al 40, al 45, al 50% o oltre. Kohl ha deciso che si ripre­senterà alle elezioni, pro­prio per dimostrare il pro­prio impegno a completare la costruzione europea: spe­ro che in campagna elettora­le ci sarà qualcuno che gli ricorderà quanto egli ebbe a dire nel 1982: «Qualsiasi paese in cui si prelevi più del 50% del reddito è un pa­ese comunista».

Ed è. proprio per questo che io avanzo la mia secon­da proposta, oltre a quella su mercato e concorrenza: poniamo in Costituzione una norma che ponga un limite al prelievo fiscale. Non un limite quantitativo, una percentuale del Pil, da non superare, tra imposte, tasse e contributi: ma una norma che imponga equità e congruità al prelievo fisca­le. E’ giusto che la materia fiscale continui ad essere esclusa da quelle che posso­no essere sottoposte a refe­rendum. Ma è necessario dare la possibilità alla Cor­te Costituzionale di espri­mere un giudizio sulla tolle­rabilità del prelievo. Pro­prio l’esperienza dei casi in cui la Corte con sue senten­ze ha aperto voragini nei conti dello Stato dovrebbe indurci a porla di fronte all’obbligo di rispettare anche un altro principio. ugual­mente valido sul piano dei diritti individuali, e fonda­mentale per il benessere col­lettivo: quello di un’equità nel prelievo che non stran­goli l’attività e l’iniziativa economica.

Maastricht, e le numero­se proposte volte ad irrigidi­re o a blindare l’81 nascono dalla coscienza che è diritto dei cittadini fare i propri piani, programmare il pro­prio futuro facendo conto su una moneta stabile, e ad una moneta stabile affidare i propri risparmi. Ma è an­che diritto dei cittadini vi­vere, respirare, produrre in un sistema in cui il limite al prelievo fiscale non sia solo dato dal loro malcon­tento, ma sia una norma iscritta nella carta fonda­mentale.

Invia questo articolo:
  • email
  • LinkedIn



Stampa questo articolo: