Il Senatore Debenedetti racconta il sostegno ricevuto per il suo comunicato stampa da laico
In apertura di seduta, la mattina successiva all’elezione di Benedetto XVI, il Presidente Pera, dopo gli auguri di rito ” a nome dell’intero Senato”, aggiungeva questo commento: “Il suo pontificato sarà importante per tutti noi che abbiamo bisogno di una guida morale, spirituale e di una nostra identità”.
Già all’ascolto il commento mi parve improprio, e mi astenni dall’applauso. Nella lettura del resoconto stenografico trovai conferma al mio giudizio, e manifestai il mio dissenso in un breve comunicato stampa.
I parlamentari, recita la Costituzione, rappresentano l’intera nazione, a maggior ragione la rappresenta “l’intero Senato”. E invece é fuori di dubbio che sono molti in Italia quelli che non guardano al Pontefice come alla propria guida spirituale; e che ancor più numerosi sono quelli che non ritengono di aver bisogno di una guida pastorale per comportarsi secondo morale e per fondare la propria identità.
Inserii il comunicato stampa sul mio sito, Repubblica lo riprese in un boxino. E incominciarono a piovere sms ed e mail, un fatto non solo inusitato per quantità, ma singolare per contenuto: tutti solo per ringraziare, ringraziare di essere stati rappresentati. Nessuna polemica politica (e sì che Pera non é proprio popolare a sinistra), men che meno polemica anticlericale. Una polemica, direi istituzionale, di protesta contro la subalternità delle istituzioni dello Stato nei confronti di altre istituzioni.
Certo, avrà giocato anche un’insofferenza verso la sovrasaturazione mediatica, giorni e giorni in cui non si vedeva altro alla TV, su tutti i canali (la RAI anch’essa vista come istituzione?). Certo, ci sarà stata anche la reazione alle esaltazioni collettive: come quella che avrebbe voluto Papa Wojtyla immediatamente sugli altari e nel calendario, e, insofferente delle proverbiali lentezze, lo vorrebbe, faute de mieux, sul frontone di una stazione e negli orari ferroviari. Una reazione, alla fin fine, all’uso sacrilego dei “valori”, alla debordante ostentazione di recenti devozioni al fine di rafforzare il controllo delle istituzioni, di allargare il consenso elettorale.
Giuliano Amato, intervistato da Repubblica il 25 Aprile, sostiene che un assetto democratico non può funzionare in assenza dei valori. Ma tutti quei “grazie” sembrano invece dar ragione a John Rawls: nell’attesa di mettersi d’accordo su un bene comune ha senso incominciare a mettersi d’accordo sulle procedure (in questo caso quelle che regolano gli interventi dei Presidenti del Senato). Mi sembra diano ragione a Jürgen Habermas: ha senso incominciare col patriottismo costituzionale (in questo caso tenendo ben distinta la sovranità del Parlamento dal magistero temporale, mentre Silvio Berlusconi, parlando subito dopo Pera, aveva salutato in Benedetto XVI il “vescovo della città in cui questo Parlamento vive ed opera”).
Se un’iniziativa minima, come un comunicato stampa, ha destato tante e così univoche reazioni, vuol dire che essa ha colpito un punto sensibile. Di fronte all’inondazione, mediatica, politica e culturale, durante gli ultimi giorni di Papa Giovanni Paolo II e i primi giorni di Papa Benedetto XVI, di fronte all’offensiva che nell’occasione é stata lanciata contro un sistema di valori di cui vanno giustamente fiere, molte persone non hanno trovato risposte politiche: né da destra, come c’era da aspettarsi, ma neppure da sinistra, come é invece sorprendente. Queste persone non vogliono che le istituzioni siano in mano a una classe politica che dichiara di aver bisogno di guardare altrove per trovare la propria guida morale e la propria identità.
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aprile 28, 2005