Sergio Romano: La speculazione è utile ma servono regole nuove

maggio 12, 2010


Pubblicato In: Corriere Della Sera, Giornali


da Lettere al Corriere

Nella sua risposta sulla vendita allo scoperto di bond lei scrive: «Il venditore prende in prestito…», ma omette di dire quali sono le garanzie reali che deve dare al possessore dei bond, trascura la variabile tempo, nel senso che il prestito ha un limite temporale, e che c’è sempre un «premio» da pagare comunque al possessore del bond. Queste ovvietà che sto elencando hanno il solo fine di chiarire che la speculazione è fattibile solo da società o soggetti che abbiano ingenti disponibilità finanziarie.

Inoltre gli esempi da lei citati di analoghi speculatori comuni quali: il singolo individuo, il grossista, non sono assimilabili allo speculatore che «prende in prestito», in quanto ciascuno dei predetti fa una operazione di speculazione con il denaro che ha, mentre lo speculatore «professionale» non ha i soldi per disporre sia pure temporaneamente di tutti i titoli che prende in prestito. La differenza non è irrilevante. Mi considero un obsoleto in materia economica e finanziaria in quanto ritengo per me ancora valide le distinzioni fatte da Adam Smith tra lavoratori produttivi e improduttivi. Quindi non posso condividere la sua conclusione che la speculazione sia «l’olio che assicura il buon funzionamento». Le Autorità monetarie dovranno prendere urgentemente delle misure correttive in materia di speculazione, altrimenti saranno guai per tutti.


Franco Miniati, franco.miniati@alice.it

Caro Miniati, pubblico volentieri la sua lettera perché credo che tutti, per comprendere quello che sta accadendo nel mondo della finanza, abbiano bisogno di nozioni che prima non sembravano strettamente necessarie. Grazie quindi per le sue informazioni e integrazioni. Aggiungo a mia volta qualche riflessione. Non è vero anzitutto che la vendita allo scoperto sia praticata in generale soltanto dai «grandi» speculatori. Vi sono milioni di persone che «speculano », perlopiù al rialzo. È certamente vero invece che lo speculatore deve pagare un prezzo al proprietario del bond e dargli alcune garanzie. Ma le norme che regolano lo «scoperto» possono variare considerevolmente da un Paese all’altro e spesso proteggono il piccolo giocatore più del grande. Comunque chi ha più soldi rischia di più. E non è escluso che alla fine abbia fatto una scommessa sbagliata, come è accaduto per l’appunto nelle Borse mondiali avantieri. Lei richiama alla fine della sua lettera la distinzione di Adam Smith fra attività produttive e improduttive, e sembra quindi considerare la speculazione un’attività improduttiva, se non addirittura distruttiva. Rispondo con il passaggio di una lettera che ho ricevuto su questo argomento da Franco Debenedetti, ex senatore e buon osservatore della finanza nazionale e internazionale, in questi ultimi anni, per La Stampa e Il Sole 24 Ore. Debenedetti scrive:

«Ogni venditore presuppone un acquirente, altrimenti non ci sarebbe scambio e non si formerebbe un prezzo. Se si giudica dissennato il comportamento di chi, scommettendo sul continuo crescere del valore degli immobili, ha causato la bolla dei mutui, si dovrebbe considerare assennato quello di chi, scommettendo sul suo prossimo scoppio, ha fatto da controparte a prezzi che altrimenti sarebbero schizzati ancora più in alto. Farlo in modo “segreto” è praticamente impossibile: proprio perché per fare una scommessa bisogna essere in due».

Il vero problema, caro Miniati, non è quindi, a mio avviso, la speculazione, ma la proliferazione di nuovi strumenti finanziari, mal conosciuti e poco regolamentati, anche grazie a un presidente, George W. Bush, che ha lasciato briglie sciolte sul collo delle grandi istituzioni finanziarie. Sulla necessità di nuove regole siamo perfettamente d’accordo.
Sergio Romano.

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