La ricerca del consenso populistico sembra aver ispirato le principali “correzioni” che le opposizioni vorrebbero fare alla manovra. Solo così si spiegano proposte che non hanno altra giustificazione politica od economica.
Pezzo forte del “correttivo” proposto da Pierluigi Bersani è la proposta di riesumare dagli scudi tombali i capitali fatti rientrare con i condoni, imponendo una tassa aggiuntiva a quella a suo tempo stabilita dalla legge.
La norma violerebbe evidentemente il principio di affidamento tributario: ma la certezza degli ostacoli giuridici, e il dubbio che alla fine la norma riesca a superarli, non sembrano preoccupare il segretario del PD. Inapplicabile lo sarebbe sicuramente se valesse la tesi con cui a suo tempo il PD (per la precisione i DS, dato che il primo scudo risale al 2001) accanitamente si oppose allo scudo, cioè che esso equivaleva ad un’amnistia: si sa che le norme penali retroattive sono incostituzionali. Molti dei capitali rientrati con lo scudo furono esportati per paura del comunismo: che siano essi siano ora perseguiti dai nipotini di coloro da cui erano stati fatti fuggire, potrebbe offrire qualche polemica battuta agli avversari: il segretario del PD confida evidentemente in una storicistica giustificazione (Del ricorso delle cose umane nel risurgere che fanno le nazioni). Si son strabuzzati gli occhi quando Maurizio Lupi, vicepresidente PdL della Camera, l’ha trovata “di buon senso”. Poi, visto che Berlusconi “non scarta a priori” (perché stavolta è di Tremonti il cuore che dovrà sanguinare?), qualche statista del PdL ha la pensata di giocarla al ribasso e salvarsi l’anima (“quanti punti, figliolo?”). Ma come? Ancora ridono alle battute su dove iniziamo e dove finiamo le guerre, l’incertezza del diritto è tra le maggiori cause per cui non attiriamo capitali stranieri, il Governo ha dovuto fare questa manovra perché l’Europa che conta aveva trovato quella del mese scorso carente di affidabiità: e noi forniamo la certificazione bipartisan che – come dice la saggezza popolare – del governo, di nessun governo, ci si deve fidare.
Per la new entry dell’imposta sui capitali scudati, la sinistra ha fatto cadere la patrimoniale, sostenuta fino alla vigilia della manovra. Pierferdinando Casini la rifiuta nettamente, ma è Luca di Montezemolo che, ora che il pericolo è passato, la riprende con fermezza, incurante delle ragioni per cui un prelievo straordinario per ridurre lo stock del nostro debito pubblico sarebbe inutile e dannoso. Inutile, perché il creditore non ha problemi, finché pensa che il suo debitore guadagni abbastanza da pagare gli interessi; e quando incomincia a preoccuparsi, non basta che il debitore riduca solo il suo debito, perché così si riduce l’entità del rischio, ma non la probabilità del suo verificarsi. Inutile perché quella che i mercati vogliono mettere alla prova vendendo BOT, non è la tenuta dei nostri conti pubblici, ma la tenuta dell’euro. La BCE non può continuare a comperare BOT senza compromettere la separazione tra politica monetaria e politica di bilancio, pietra angolare della costruzione europea. Gli strumenti creati o proposti (Esfs, ESM, eurobond) comportano tutti il trasferimento di ricchezza dai paesi “virtuosi”, i quali sospettano i paesi in difficoltà di volerne approfittare. Il problema è di legittimità democratica nell’eurozona: e noi pensiamo di risolverlo con qualche centinaia di miliardi dei nostri? Dannosa la patrimoniale lo è perché non si produce di più sottraendo qualcosa come il 30% dalla disponibilità dei cittadini, che bene o male sono quelli che questo Paese lo mandano avanti. E non si spende di meno dando l’impressione che ci sono scorciatoie per ridurre le spese, e che quindi i tagli impopolari possono essere evitati.
Che una maggioranza dai precari equilibri recalcitri di fronte a misure più efficaci ma con maggiori costi in termini di consenso è comprensibile. L’opposizione, proprio perché si propone di sostituirla alla guida del Paese, non può farsi condizionare dagli stessi vincoli. Invece per poter perseguire il patto populista tra personale della pubblica amministrazione e beneficiari di quanto essa elargisce, propone la patrimoniale. Discorso analogo per l’intervento sui capitali scudati: che sia probabilmente impraticabile, sfugge ai più, e quelli che verrebbero colpiti sono una piccola minoranza.
Il fatto grave è che ci credano, che proposte del genere servano davvero a guadagnare consensi. Le “analisi di classe” delle decisioni politiche su cui si basano queste proposte andavano (forse) bene qualche decennio fa. La sociologia delle preferenze politiche è oggi molto meno rozza: e così pure la consapevolezza dei propri interessi. Grazie anche (se non ci illudiamo) a una più diffusa comprensione dei meccanismi che sugli interessi incidono.
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