La Stet investirà 12 mila Mld da qui al 1998 per collegare con il cavo 10 milioni di abitazioni; finanzierà l’investimento senza ricorrere ad aumento di capitale; si propone in tal modo di entrare nel mercato del multimediale. Le affermazioni di Ernesto Pascale, all’assemblea Stet, meritano qualche commento.
Come è noto, per trasmettere programmi televisivi ci vogliono cavi diversi dal normale doppino telefonico. Lo sviluppo della tecnologia giustifica l’investimento in una nuova rete, in alternativa a quella telefonica esistente, e in concorrenza dunque con quella del monopolista.
Nel 1998 l’Ue impone di liberalizzare i telefoni e le relative infrastrutture: ma se prima di quella data metà delle famiglie italiane sarà già stata collegata dalla nuova rete a banda larga di proprietà Stet, nessuno avrà convenienza a farne una seconda, e il monopolio telefonico, liberalizzato in teoria, sarà stato di fatto blindato.
Pascale ha confermato che saranno gli utenti del telefono a pagare con le loro bollette questa costosa diversificazione. I ricavi del nuovo investimento deriveranno dalle tariffe che verranno applicate dalla costituenda autorità di settore. Risorse così ingenti vengono cioè investite senza preoccuparsi della loro resa, a garantirle basta evidentemente la posizione di monopolio.
Nulla di strano fin qui, Pascale persegue la strategia più conveniente per il monopolista: strano semmai che questa strategia, che chiaramente non è nell’interesse del paese e che ha già provocato i moniti di Amato e Van Miert, sia accolta dal governo con un eloquente e preoccupante silenzio.
Strana invece è la giustificazione che Pascale dà di questa strategia: in questo modo si eviterebbe il pericolo di dar vita a un ‘grande fratello’, il Moloch dell’informazione. Affermazione incauta a quasi provocatoria in bocca di chi intanto si appresta a creare il Moloch di tutte le infrastrutture di trasmissione (non dimentichiamo che Stet ha già cercato di impadronirsi delle reti telefoniche delle Fs, ed era disponibile a ricevere gli impianti Rai). Quando questo Moloch delle infrastrutture fosse davvero realizzato, lo Stato potrebbe al più cedere quote di capitali, in nessun caso cedere a un privato proprietà e gestione del sistema nervoso dell’intero paese. Questo programma di cablare 10 milioni di case raggiungerebbe un doppio obbiettivo: niente liberalizzazione, ma anche niente privatizzazione.
Ma ritorniamo alle parole di Pascale: al quale si dovrebbe ricordare che nei paesi in cui le reti-cavo sono liberalizzate, non solo non si è creato nessun Moloch, ma al contrario si è dato vita a una pluralità di operatori in concorrenza tra loro. L’operatore cavo non è, di regola, un produttore di contenuti, ma è un intermediario nella catena di distribuzione, è un fornitore di servizi, telefonici e televisivi: indipendente, perché proprietario della propria infrastruttura.
Secondo Pascale, nel futuro della multimedialità all’italiana dovrebbe esserci un unico proprietario di tutte le reti che avrà la possibilità di beneficare della convergenza tra telefono e televisione e graziosamente concederà il passaggio sulle proprie reti ai fornitori di programmi, a condizioni che l’autorità di settore vorrà proporre e che Stet vorrà accettare.
Se questo piano non verrà subito bloccato, non solo si creerà davvero un monopolio blindato, il Moloch delle infrastrutture di trasmissione, ma non si permetterà la nascita di un nuovo settore industriale. In Inghilterra, la liberalizzazione degli impianti cavo ha dato luogo in pochi anni a un’industria valutata oggi 25 mila Mld, interamente finanziata da capitale privato, mentre il costo della bolletta telefonica è fortemente calato: e l’operatore più grosso ha il 17 per cento del mercato. Ma ciò che è più grave, saranno gli stessi produttori di contenuti a soffrirne. Essi, come tutti i produttori, hanno bisogno di operatori forti che promuovano e distribuiscano i loro prodotti, che abbiano i mezzi per investire nelle infrastrutture e nel marketing: e che lo facciano con efficienza e con energia, essendo in concorrenza tra di loro.
Già, ‘in concorrenza’: la parola deve avere, per il monopolista, un suono sinistro. Pascale ha concluso che, con Telecom cablatore unico, si avrà liberalizzazione, perché si abbassano i costi di ingresso per chi offre programmi. È chiaro ciò che Telecom desidera avere un mondo popolato da tanti piccoli nani. Chiedono solo di poter mandare in onda i loro programmi, perché non accontentarli? Basta che non disturbino con strane idee sul telefono.
giugno 11, 1995