“Malgrado la sfiducia crescente – la RAI viene considerata di parte, Alitalia è da molti reputata un carrozzone – la maggioranza assoluta della popolazione vuole che le due aziende restino in vita sotto il controllo dello Stato”.
“Malgrado la sfiducia crescente – la RAI viene considerata di parte, Alitalia è da molti reputata un carrozzone – la maggioranza assoluta della popolazione vuole che le due aziende restino in vita sotto il controllo dello Stato”. Il sondaggio di Renato Mannheimer pubblicato ieri sul Corriere della Sera è un documento che andrebbe messo nella cartellina dei convegni in cui politici e politologi, industriali e banchieri, insomma la classe dirigente del paese si raduna e discute delle cause del nostro declino come nazione industriale.
Stupisce innanzitutto il mettere in un sol cesto due casi così diversi tra loro. Infatti una televisione “nazionale”, indipendente dai partiti, pluralista, non lottizzata, efficiente, di buon livello culturale, è un obbiettivo di per sé desiderabile e teoricamente perseguibile: mitizzato quanto si vuole, ma il modello BBC esiste. Se da noi è del tutto improbabile, è a causa delle vicende politiche con cui in Italia si è fatto spazio alla TV commerciale, vicende che hanno influito sul corso successivo della nostra storia fino a portare il padrone della TV commerciale alla guida del Paese. Invece, non c’è alcuna ragione per affermare perentoriamente che “l’Italia deve avere una sua compagnia aerea nazionale”. La British è privata e ha comperato Iberia, private sono Air France e KLM, Swissair è fallita e risorta: ma per la maggioranza degli italiani, paesi che ebbero imperi secolari non “devono”, l’Italia “deve”.
Che cos’è allora che fa considerare alla stessa stregua due aziende così diverse, una che trasporta idee nell’etere, l’altra persone e pacchi nei corridoi radar, una in regime di oligopolio, l’altra che è scesa sotto il 50% perfino dei voli nazionali? A unirli non è, e qui vorrei dissentire da Mannheimer, la sfiducia nella privatizzazione, ma la sfiducia nelle aziende, nella loro capacità di sopravvivere senza il solido, inscindibile legame con lo stato.
Se è pubblico, non può fallire; dunque se può fallire, deve essere pubblico. Come sono state dimenticate in fretta le lezioni, Efim in testa!
Per qualche giorno, il mondo politico è stato in fibrillazione per l’esito della vicenda Alitalia. Ma le opinioni del pubblico su questa vicenda dovrebbero essere, per una classe dirigente, motivo di ben maggiore preoccupazione.
Perché un paese che pretende di avere, come bandiera, un’Alitalia che conta meno del 5% nel medio raggio e percentuali insignificanti nel lungo raggio, e che perde mille euro al minuto, e non aspira invece di averci una Rayanair che ha inventato un nuovo tipo di industria, che cresce e guadagna, un paese così è entrato in un circolo vizioso: la sfiducia in soluzioni di mercato porta ad accettare l’inefficienza garantita dallo stato, e questo provoca declino e ulteriore sfiducia. Oggi sotto la lente di Mannheimer sono finite RAI e Alitalia: perché domani non dovrebbero entrarci, che so, Fiat o una grande banca? Le ragioni, par già di sentirle.
Gli assetti proprietari delle imprese sono la risultante delle opinioni e delle credenze, dei giudizi e dei pregiudizi che formano il clima politico del paese. Perfino nell’Italia di Berlusconi, che sembrerebbe la dimostrazione di come il potere economico possa diventare tutt’uno con il potere politico, io continuo a credere nell’autonomia della politica, e quindi nella sua responsabilità nell’influenzare il clima politico, nel modificare le prospettive dei cittadini, e quindi le condizioni per la crescita del paese. Ma quale politico ha indicato le colpe che hanno portato a questa situazione, chi ha fatto i conti di quanto è costato e costa? E quanti imprenditori hanno dimostrato la loro certezza che in un sistema di mercato, il mercato trova la sua soluzione, ed è lì che va cercata?
Una classe dirigente, politici e imprenditori, che prenda il paese fotografato da Mannheimer come un dato di fatto, da cavalcare e da non disturbare, e non come “il” problema da affrontare e risolvere, accompagna solo il declino del paese. E il proprio.
maggio 8, 2004