Scioperi: quando la colpa è sempre di un altro

ottobre 1, 1995


Pubblicato In: Varie


Storie di viaggio in Italia. È il comandante che parla: «Ci comunicano che dobbiamo rientrare al posteggio e che la messa in moto è ora prevista fra un’ora e dieci. Siamo all’assurdo ma non dipende da noi». Molti di quelli che hanno cercato di viaggiare in aereo negli ultimi tempi avranno sentito frasi del genere, magari anche accompagnate da qualche (più o meno) spiritoso commento del pilota.
Dovendo andare da Roma a Milano, quindi nella priv ilegiata situazione di potere usufruire dell’unico collegamento ferroviario relativamente veloce del nostro beneamato paese, ho preso il pendolino: dove la hostess mi ha comunicato che, dato l’aumentato numero di passeggeri, non c’erano più pasti disponibili. Dovevo scusare, ma non dipendeva da lei. Anzi, a ben vedere, la colpa era mia: dovevo sapere che i pasti vanno prenotati all’acquisto del biglietto.

Chiedo all’ufficio viaggi perché mi ha detto mezz’ora prima che i voli sono regolari quando nell’aeroporto c’è il caos. Risposta: così dice il computer, non dipende da loro.
La frase del pilota, la giustificazione della hostess o dell’impiegata dimostrano un atteggiamento diffuso tra i fornitori dei servizi: che si tratti di un certificato anagrafico o di una cartella delle imposte, di un viaggio aereo o in treno, di un’infinita attesa ascoltando esasperanti musichette (mai provato a telefonare all’Alitalia di domenica o di notte?), quando la ragionevolezza della protesta impedisce di ricorrere all’arroganza ‘da sportello’, la colpa è sempre di un altro: non dipende da me, dice l’addetto.
È un atteggiamento al quale si deve reagire: il funzionario è punto terminale di una catena di responsabilità, è l’interfaccia ultima di un processo complesso che l’utente non ha il dovere di conoscere. Forse che l’utente, oltre oltre a subire i danni dei disservizi, deve anche prendersi la briga di adire i superiori e ripercorrere l’intera catena gerarchica?
Alla base della ‘qualità totale’ sta proprio la creazione di un processo informativo in controcorrente, che dall’utente ripercorre all’indietro la struttura decisionale dell’azienda. I funzionari che, riconoscendo la ragionevolezza delle proteste, finiscono per arrendersi dicendo che non dipende da loro, ma dai loro capi, o dal computer. o da un’ azienda fornitrice, dimostrano, se non altro, che la loro azienda non ha messo in atto progetti di qua lità totale. Il funzionario al contatto con il pubblico deve essere reso responsabile di tutto quanto accade a monte, lui, non un altro: perché non è il punto finale nell’erogazione di un servizio, ma il punto iniziale di un rapporto con l’utente.
La scappatoia di buttare la colpa su qualcun altro nasconde perlopiù responsabilità precise. Ritorniamo al caso del comandante dell’aereo: siamo proprio certi che sulla decisione dei controllori di volo di fare lo sciopero degli straordinari non abbia influito lo ‘sciopero del raffreddore’ praticato pochi mesi fa dai piloti, magari da quello stesso pilota che si permetteva di scusarsi con non richiesta ironia? L’ Alitalia non era al corrente di una situazione che langue, a quanto ora sappiamo, da anni?
Per avere mezzi di pressione, si doveva aspettare la rivolta dei passeggeri? Chi immette nei computer informazioni errate sullo stato dei voli?
C’è un modo per porre un qualche rimedio a tutto ciò: quando il ritardo supera il tempo di volo previsto, all’arrivo i passeggeri si presentino allo sportello e Alitalia rimborsi loro metà del prezzo del biglietto. Non è un’idea peregrina, pratiche analoghe sono adottate da altre compagnie aeree: là dove c’è concorrenza, naturalmente.
Forse non arriveremo prima, ma almeno finirà lo scaricabarile tra soggetti diversi per la congestione nel traffico aereo, ragioni tecniche, ritardato arrivo dell’aeromobile o dell’equipaggio. Sono convinto che la discussione assumerà allora un tono meno concitato, e la ricerca del colpevole perderà un po’ del suo (inutile) interesse.

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