Scegliere i vincitori, salvare i perdenti.
L’insana idea della politica industriale
di Franco Debenedetti
2016, Marsilio
Protezionismo, autarchia, keynesismo, programmazione, strategie, italianità: tutte variazioni su uno stesso tema, l’idea che lo Stato, per governare l’economia, debba intervenire e sappia farlo imboccando le strade giuste.
È la politica industriale: lo Stato si sostituisce al mercato e sceglie i vincitori della gara concorrenziale. Salvo poi, quando l’«insana idea» non ha successo, dover correre ai ripari salvando i perdenti.
Ma la politica industriale influenza e condiziona anche «l’altra metà del cielo», quella dell’industria privata, delle grandi famiglie e non solo. Si allarga alla politica finanziaria, si espande a quelle culturali e giudiziarie.
Cade sulle sue contraddizioni, risorge, si allinea alle regole dell’Unione europea.
Quasi coetaneo dell’Iri, che in Italia dell’intervento pubblico in economia è stato l’eponimo, Franco Debenedetti, per i ruoli che ha ricoperto, vi ha convissuto per molto tempo: prima da manager, lavorando nell’«altra metà del cielo», poi da politico e da saggista, cercando di smontarne le strutture.
Ora, estraendo i tratti di filo rosso dell’ideologia su cui si regge e riannodandone i capi, scrive la lunga storia della politica industriale in Italia.
Dalla Grande depressione alla Grande recessione, dagli altiforni alla banda larga, dall’Italietta di Giovanni Giolitti all’Unione europea di Angela Merkel, gli assi di lettura di questo libro – storico, politico, personale – si incrociano in un punto: la politica industriale e le ragioni per cui è un’«insana idea».
Giuliano Amato
8 annoe fa
Franco, grazie del libro, della dedica, delle generose e ripetute citazioni.
Nel condurre battaglie di minoranze sei ormai un maestro. E ricordi Giaime Pintor, secondo il quale l’Italia, paese che merita buona parte degli epiteti che riceve, ha tuttavia le minoranze migliori del mondo.
Gian Maria Gros Pietro
8 annoe fa
Guido e Zingales sono bravi, e così hanno documentato scientificamente una intuizione che viene dall’esperienza. Se ne possono aggiungere altre; per esempio gli indipendenti che fanno parte di studi legali differenti, e si scambiano favori tra diversi Board, senza che l’interlocking così costituito emerga; così come non emerge l’interlocking costituito dalla comune appartenenza a scuole di pensiero accademiche (molti indipendenti sono accademici), che dà origine a interessi molto consistenti per le persone. Vi è poi un paradosso: è stata coniata una contabilità degli incarichi per evitare gli overboarding, con un manuale Cencelli che determina il peso di ogni incarico in collegio sindacale in funzione della dimensione della società, ma dimentica che i sindaci sono quasi tutti commercialisti e non va a vedere quanti incarichi professionali hanno e a vantaggio di chi.
Scegliere i vincitori e salvare i perdenti fa parte del delirio di onnipotenza che accieca i politici: hai colto nel segno.
Gian Carlo Vaccari
8 annoe fa
Caro Ingegnere,
ho ricevuto il suo ultimo libro, e la citazione del mio nome in quella pagina speciale dei ringraziamenti mi ha fatto particolarmente piacere.
Non so veramente cosa possa aver imparato da me, ma ricordo come una delle mie più belle esperienze professionali il percorso fatto insieme “all’interno di una impresa piccola, privata, che fabbricava cose”, che voleva diventare grande e in buona parte ci riuscì. (anche se poi le circostanze le hanno lasciato una breve vita ! ).
Non fummo “nè perdenti salvati, ne vincitori scelti”.
Io certamente imparai molto, ma rimane in me sopratutto il ricordo di un rapporto con Lei sempre sereno, costruttivo, gradevole.
Il mio più caro saluto.
Gian Carlo Vaccari