Pochi giorni fa il Foglio ha preso l’iniziativa di una campagna di promozione della app Immuni. Nel frattempo si stanno prospettando novità che potrebbero essere un potente incentivo a usare la app, migliorando molto le prospettive di contenere la seconda ondata di Covid.
Ma prima rivediamo le ragioni di un’adesione che è risultata inferiore al necessario Le modalità per farne di una app di tracciamento uno strepitoso successo c’erano: bastava che la positività di un esame fosse scaricata automaticamente dal Servizio sanitario sulla app, e che si fosse consentito l’uso della geolocalizzazione: sarebbe stato possibile sapere la presenza di soggetti potenzialmente infettanti (e che non rispettano l’obbligo di isolamento) nel mezzo pubblico che sto per usare, nel negozio dove sto per entrare, nel ritrovo dove mi sto recando. Ma queste funzionalità furono sacrificate sull’altare della privacy.
Qual è allora il vantaggio attuale di usare Immuni? Venire a sapere, in anticipo rispetto all’insorgere dei sintomi, se la prossimità prolungata con un soggetto infettante abbia messo a rischio. (Nella doppia ipotesi che esso abbia, primo scaricato la app sul suo smartphone, e secondo, vi abbia volontariamente immesso il risultato di positività di un tampone). Non esistendo profilassi che blocchi l’insorgere della malattia o terapia sicura che la renda meno grave se presa in tempo, questo vantaggio non esiste. Il solo vantaggio è quindi di poter prendere più tempestivamente le misure per evitare di infettare il prossimo, incominciando dai propri cari. Quindi farsi fare subito un tampone: se risulterà positivo, per mettersi subito in isolamento; se negativo, per farne un altro di conferma a distanza di 8 giorni. Chiunque abbia fatto un tampone, sa cosa questo comporti quanto a tempo perso (anche pagando) e a code di ore, con distanziamento simbolico, in prossimità di persone che o sanno o sospettano di essere infetti.
La novità è che presto dovrebbero essere disponibili (anche da noi, Arcuri permettendo) i test di cui si parla da un paio di mesi: salivari, a bassi costi, senza necessità di personale specializzato, con risultato in 15′. Così dovrebbe essere possibile fare i test di massa, cioè per capirci un milione di persone al giorno. Come trovarle? Basterebbe. all’ingresso di scuole, uffici, negozi, musei ecc. fare questi test invece dei rilevamenti della temperatura. C’è il problema pratico di comunicare il risultato a chi ha fatto il test un quarto d’ora prima. Sono persuaso che sia possibile farlo con una app su smartphone, che potrebbe essere caricata automaticamente come aggiornamento di Immuni. Che così potrebbe anche trattare la parte più importante, cioè che cosa fare con chi risultasse positivo. Pare che i test rapidi non diano risultati così precisi come il tampone. Ma sarà sempre meglio della misura della temperatura. Anche se, su 10000 positivi, con i test rapidi ne trovo solo 5000 ho ottenuto un grande risultato: alla attuale velocità di diffusione della malattia, raddoppio dei nuovi contagi ogni sette giorni, quei 5000 che ho trovato oggi mi evitano 80000 contagi tra un mese.
“Una app da paura” era il titolo che il Foglio aveva dato a un articolo di fine Aprile: non dimentichiamo che l’applicativo è importante, ma la chiave del successo è la macchina organizzativa che c’è dietro. È un problema di processi, non complicato ma che non possono essere lasciati all’improvvisazione. Perché se la gente si accorge che non funziona bene, perde fiducia: e non li recuperiamo per una seconda prova.
A causa di un mio ritardo nel comunicarlo, il Foglio ha pubblicato una versione precedente di questo articolo. Questa è la versione aggiornata.
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