Riformisti delusi: «Un patto perdente»

ottobre 12, 2004


Pubblicato In: Varie


Troppe concessioni all’ala bertinottiana, bisogna cambiare rotta la più presto

Senatore Debenedetti, è d’accordo con il capo di Rifondazione che chiede il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq?
«Assolutamente no».

Bertinotti pone come condizione della sua permanenza nella coalizione di Prodi la reintroduzione della patrimoniale e molti a sinistra gli vanno dietro. Anche lei?
«Assolutamente no. Sarebbe una linea perdente, per il Paese in primo luogo, ma anche per la coalizione. Ma Fassino l’ha detto chiaramente. Il problema delle tasse è sul tavolo del ministro dell’Economia di questo governo. Intanto vediamo come se la cava lui».

Uno degli obiettivi dell’Alleanza democratica è cancellare la legge Biagi. Condivide?
«Assolutamente no. Ma non mi pare che la coalizione miri a questo».

Ci sono dichiarazioni molto precise in proposito. Il centrosinistra punta anche a riscrivere daccapo la riforma della scuola.
«Non vedo perché riscriverla, tanto più che ricalca la riforma Berlinguer. Credo che ci siano delle modifiche da apportare, penso soprattutto nell’università. Ma in generale, per il bene degli studenti, è importante mantenere una certa continuità».

La coalizione di Prodi promette di smontare la devolution leghista. Si associa?
«Mi sembra molto difficile cambiare una cosa che non si sa ancora neanche com’è».

Secondo lei, questa è un’alleanza è nata nel segno del riformismo?
«Credo che la Grande alleanza democratica debba avere una decisa impronta riformista».

Ma ce l’ha?
«Secondo me può avere un’impronta tale da attuare le riforme di cui ha bisogno il Paese, non come ha fatto Berlusconi che ha vinto sulla promessa di riforme che non è stato in grado di attuare».

Quanto può durare questa nuova alleanza della sinistra?
«Almeno fino al 2011».

E come pensa che reggerà, visto che, fatto salvo il nome della coalizione, Bertinotti diverge su tutto dagli alleati?
«Io credo che l’opposizione possa trovare coesione su un programma e su un metodo per risolvere le divergenze con cui vincere le elezioni e durare un’intera legislatura».

Non la preoccupa il fatto che il peso specifico del leader di Rifondazione sembra molto più determinante sulle scelte di Romano Prodi?
«Non concordo con la sua valutazione. Bisognerà vedere quale sarà la caratura politica con cui la coalizione si presenterà alle elezioni del 2006».

Oggi, intanto, Prc e Ulivo la pensano all’opposto su tutto, dalla missione in Iraq alla Finanziaria, alla welfare, alla politica della scuola.
«Diciamo che questo può essere un vantaggio, se la pensano all’opposto vuol dire che c’è una buona probabilità che le tesi di estrema sinistra non prevalgano sulle linee di governo della prossima coalizione».

Come si potrà colmare la spaccatura che c’è a sinistra sulla missione in Iraq?
«Trovando una sintesi, questo è il mestiere della politica.. Anche la distanza tra la Lega e An sembrava incolmabile. Di differenze irriducibili questo governo ce ne ha dato un certo esempio fino a qualche mese fa, quando sembrava che la coalizione dovesse andare in frantumi».

Il Polo, però, ha sempre affrontato compatto le questioni di politica internazionale.
«Ci si può spaccare su questioni non meno importanti, come quelle che hanno messo a dura prova la tenuta di questo governo, come dimostrano le dimissioni di Tremonti».

Non può negare che non vanta una grande credibilità un aspirante governo dove già oggi c’è chi grida al ritiro immediato e chi dice: no, restiamo.
«Intanto speriamo che i nostri soldati non debbano ritirarsi prima a causa dei tagli apportati dal governo al bilancio della difes: tagli che neppure Bertinotti avrebbe osato operare. Ma siamo all’inizio della composizione di un’alleanza, è logico che ognuno metta sul tavolo le proprie carte. Il problema è vedere quale sarà la caratura politica che verrà fatta propria dalla coalizione».

Anche un politologo stimato da Massimo D’Alema come Giovanni Sartori ieri sul Corriere della Sera ha scritto: «La soluzione zapatera di “scappare e tanti saluti” non è una soluzione.
«Mi trova pienamente d’accordo».

Come farà a convincere Bertinotti?
«Intanto la soluzione che è emersa dal vertice di oggi (ieri, ndr) è: ritireremo le nostre truppe, come dice Donald Rumsfeld».

Rumsfeld non dice “immediatamente”.
«Ma neanche l’Alleanza democratica ha specificato il tempo».

Bertinotti sì: subito.
«Conosco anch’io la linea di Bertinotti, ma quella che mi interessa è la linea della coalizione».

Ma si dà il caso che anche lui ne faccia parte.
«Dal vertice con Prodi è uscita una linea sul ritiro senza data, vicina a quella di Rumsfeld e di Frattini, non a quella di Bertinotti. A me sembra un buon inizio. La politica è proporre degli obiettivi su cui siano possibili delle sintesi. In fondo è quello che ha ha insegnato Berlusconi nel 2001, no? Certo, non so come andrà a finire, può anche darsi che ne esca una linea spostata sull’asse radicale. Per ora però non sembra».

Bertinotti ha anche detto esplicitamente che rivuole la patrimoniale.
«Bertinotti conta per il 5-6%».

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