Quella lettera dei fondo all’indirizzo sbagliato

ottobre 14, 1999


Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore


Alcuni fondi di investi­mento inglesi e americani hanno scritto al Tesoro in merito alla vicen­da Telecom. Perché l’hanno fatto e in che veste hanno indirizzato la missiva? Non hanno certo scritto per invo­care l’uso della golden sha­re, sarebbe ben strano che tale richiesta venisse avanza­ta nel nome dei mercati e da parte di chi dei mercati si ritiene l’unico interprete; an­zi la personificazione. E poi i casi in cui il Governo si riserva il diritto di applicare la golden share sono stati de­finiti da un recente decreto, e da quello bisognerebbe partner per trovare le ragioni giu­ridiche volte a invocarne l’uso. Ma neppure avranno scritto per reclamare giusti­zia in nome di diritti di mino­ranze che sarebbero lese dal prezzo di concambio proposto.

Tocca alla magistratura sanzionare comportamenti lesivi di interessi legittimi. Nel caso di operazioni che si svolgono sui mercati regolamentati, il compito del Governo è quello di nominare in Consob persone competenti e integre e di provvedere negli appositi capitoli di bilancio i fondi necessari per il funzio­namento dell’istituzione.

Scrivono al Tesoro, e per esso al Governo, per chiede­re che dia istruzioni ai propri rappresentanti in consiglio? Il codice impone ai consiglie­ri di deliberare esclusivamen­te nell’interesse della socie­tà, senza vincolo di manda­to, la norma comporta anche sanzioni penali per chi non la osserva: argomento delica­to, inopportuno trattarlo in una lettera pubblica.

Se solo queste fossero le considerazioni, il Tesoro a ben vedere avrebbe tutti gli estremi per dichiarare irrice­vibile la lettera: i lesi interes­si dei fondi di investimento non sono una delle fattispe­cie in cui si può applicare la golden share; nel nostro pae­se la legge la applica la magi­stratura e non il Governo; sui mercati vigila una com­missione, non un funziona­rio del Tesoro.

In realtà sappiamo benissimo che il Tesoro destinatario della missiva è il Tesoro socio, anzi, con il 3,95%, il maggiore dei soci di minoranza in Telecom. Ma questa partecipazione è il residuo non voluto della privatizzazione del 1998: prima dell’Opa il Tesoro aveva dichiarato di volerla vendere quanto pri­ma, e durante l’Opa ha man­tenuto fermo il proposito di assoluta neutralità, anche pa­gando il prezzo di polemiche dure. Sollecitazioni a modifi­care la propria politica do­vrebbero essere respinte: il Governo rispetta gli interessi di ciascuno ma deve proteg­gere quelli di tutti. È da di­mostrare infatti che gli interessi dei fondi siano gli inte­ressi di tutti gli azionisti: per esempio uno dei più energici nella sua protesta, il fondo Perry, ha investito 20 miliar­di in Telecom Rnc, ma il flottante è di 30.000. E il fondo Morgan Stanley in che veste protesta: come in­vestitore o come consulente presente, a quanto ha riporta­to la stampa, a palazzo Chigi quando Colaninno informò preventivamente il Governo del suo piano?

Con le privatizzazioni, ben 130mila miliardi in 5 anni, il Governo ha fornito una straordinaria opportunità di Crescita per i mercati, di lavoro per gli intermedia­ri finanziari, di investimento per i risparmiatori. Tutti ci hanno guadagnato, e non so­lo per il favorevole anda­mento di Wall Street. Prendere spunto dalla prossima vendita del 20% di Enel per minacce di ritorsioni, neppu­re tanto larvate, non merita neppure risposta. E poi i fon­di non investono certo per generosità, e la loro azione concertata ha successo nel punire manager inefficienti, ma per fortuna neppure essi riescono a influenzare stabilmente un grande mercato.

Eppure… eppure, tutto ciò detto, qualche riflessione tra di noi sarà pure il caso di farla. Condizioni di scam­bio ritenute inique, catego­rie di azionisti che si riten­gono danneggiati esistono anche nei mercati modello: ma nessuno si sognerebbe di scrivere a Larry Summers o a Gordon Brown una lettera analoga a quella scrit­ta a Giuliano Amato. Certo, la lettera è “im-pertinente”: ma possiamo con tranquilli­tà dire che è anche ingiustifi­cata? Dopo l’Opa Telecom il processo di privatizzazio­ne è totalmente concluso, gli interlocutori dell’azien­da dovrebbero essere solo più Tesauro, Cheli, Spaventa e le autorità che presiedo­no. Non altri, esecutivo in testa. Fino a che non sarà davvero così, purtroppo, si spiega anche che fondi este­ri assumano in Italia un’ini­ziativa che bollerebbero co­me eretica a casa propria.

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