Alcuni fondi di investimento inglesi e americani hanno scritto al Tesoro in merito alla vicenda Telecom. Perché l’hanno fatto e in che veste hanno indirizzato la missiva? Non hanno certo scritto per invocare l’uso della golden share, sarebbe ben strano che tale richiesta venisse avanzata nel nome dei mercati e da parte di chi dei mercati si ritiene l’unico interprete; anzi la personificazione. E poi i casi in cui il Governo si riserva il diritto di applicare la golden share sono stati definiti da un recente decreto, e da quello bisognerebbe partner per trovare le ragioni giuridiche volte a invocarne l’uso. Ma neppure avranno scritto per reclamare giustizia in nome di diritti di minoranze che sarebbero lese dal prezzo di concambio proposto.
Tocca alla magistratura sanzionare comportamenti lesivi di interessi legittimi. Nel caso di operazioni che si svolgono sui mercati regolamentati, il compito del Governo è quello di nominare in Consob persone competenti e integre e di provvedere negli appositi capitoli di bilancio i fondi necessari per il funzionamento dell’istituzione.
Scrivono al Tesoro, e per esso al Governo, per chiedere che dia istruzioni ai propri rappresentanti in consiglio? Il codice impone ai consiglieri di deliberare esclusivamente nell’interesse della società, senza vincolo di mandato, la norma comporta anche sanzioni penali per chi non la osserva: argomento delicato, inopportuno trattarlo in una lettera pubblica.
Se solo queste fossero le considerazioni, il Tesoro a ben vedere avrebbe tutti gli estremi per dichiarare irricevibile la lettera: i lesi interessi dei fondi di investimento non sono una delle fattispecie in cui si può applicare la golden share; nel nostro paese la legge la applica la magistratura e non il Governo; sui mercati vigila una commissione, non un funzionario del Tesoro.
In realtà sappiamo benissimo che il Tesoro destinatario della missiva è il Tesoro socio, anzi, con il 3,95%, il maggiore dei soci di minoranza in Telecom. Ma questa partecipazione è il residuo non voluto della privatizzazione del 1998: prima dell’Opa il Tesoro aveva dichiarato di volerla vendere quanto prima, e durante l’Opa ha mantenuto fermo il proposito di assoluta neutralità, anche pagando il prezzo di polemiche dure. Sollecitazioni a modificare la propria politica dovrebbero essere respinte: il Governo rispetta gli interessi di ciascuno ma deve proteggere quelli di tutti. È da dimostrare infatti che gli interessi dei fondi siano gli interessi di tutti gli azionisti: per esempio uno dei più energici nella sua protesta, il fondo Perry, ha investito 20 miliardi in Telecom Rnc, ma il flottante è di 30.000. E il fondo Morgan Stanley in che veste protesta: come investitore o come consulente presente, a quanto ha riportato la stampa, a palazzo Chigi quando Colaninno informò preventivamente il Governo del suo piano?
Con le privatizzazioni, ben 130mila miliardi in 5 anni, il Governo ha fornito una straordinaria opportunità di Crescita per i mercati, di lavoro per gli intermediari finanziari, di investimento per i risparmiatori. Tutti ci hanno guadagnato, e non solo per il favorevole andamento di Wall Street. Prendere spunto dalla prossima vendita del 20% di Enel per minacce di ritorsioni, neppure tanto larvate, non merita neppure risposta. E poi i fondi non investono certo per generosità, e la loro azione concertata ha successo nel punire manager inefficienti, ma per fortuna neppure essi riescono a influenzare stabilmente un grande mercato.
Eppure… eppure, tutto ciò detto, qualche riflessione tra di noi sarà pure il caso di farla. Condizioni di scambio ritenute inique, categorie di azionisti che si ritengono danneggiati esistono anche nei mercati modello: ma nessuno si sognerebbe di scrivere a Larry Summers o a Gordon Brown una lettera analoga a quella scritta a Giuliano Amato. Certo, la lettera è “im-pertinente”: ma possiamo con tranquillità dire che è anche ingiustificata? Dopo l’Opa Telecom il processo di privatizzazione è totalmente concluso, gli interlocutori dell’azienda dovrebbero essere solo più Tesauro, Cheli, Spaventa e le autorità che presiedono. Non altri, esecutivo in testa. Fino a che non sarà davvero così, purtroppo, si spiega anche che fondi esteri assumano in Italia un’iniziativa che bollerebbero come eretica a casa propria.
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ottobre 14, 1999