Un libro di Pietro Ichino sui doveri del dipendente pubblico verso l’utente
La prossima volta che un impiegato a uno sportello dell’anagrafe o di un ufficio postale vi tratta in modo svogliato, per non dire sgarbato; se osservate che il modo in cui tiene il suo spazio di lavoro trasuda sciatteria e scarsa cura: avete il diritto di ricordargli l’art. 1172 del codice civile. Questo fissa il criterio di valutazione dell’attività prestata dal lavoratore, che deve essere quello della “diligenza del buon padre di famiglia”. E’ quanto si apprende spigolando nel “Contratto di lavoro”, la monumentale di Pietro Ichino.
Quello di “diligenza del buon padre di famiglia” é concetto antico, viene dal diritto romano, ma non per questo le parole sono consunte e hanno perso il loro significato. Diligere vuol dire preferire, usare in modo preferenziale le proprie energie e la propria attenzione, in qualche modo amare il proprio lavoro. Un medico o un infermiere devono comportarsi verso i pazienti, un insegnante verso gli allievi, con le stesse attenzioni che dedicherebbe ai propri figli. “Sempreché”, aggiunge Ichino, “medico, infermiere o insegnante siano usi trattare i propri figli, secondo quello che è normalmente considerato come il comportamento proprio di un genitore (un “buon padre di famiglia” appunto). In caso contrario il criterio civilistico li vincolerebbe a riservare a pazienti o studenti un trattamento migliore di quello riservato ai propri figli: l’inottemperanza abituale ai doveri famigliari non giustifica certo l’inadempimento dei doveri contrattuali”.
I contratti di lavoro nascono per ridurre la inevitabile asimmetria (economica, di informazioni, di opportunità) tra datore di lavoro e lavoratore. Asimmetrie e modi per compensarle variano al variare della struttura economica e dei rapporti sociali. E Pietro Ichino è noto al grande pubblico per le sue battaglie volte ad adeguare la nostra normativa, nata all’epoca della grande fabbrica fordista, alla realtà di un’economia dell’outsourcing e dei servizi; per ridisegnare il sistema delle tutele, in modo che le protezioni accordate a una minoranza non diventino barriere che escludono la maggioranza di chi partecipa al mondo del lavoro. Ma non c’è nessuna ragione perché, nel ridisegnare i diritti, si dimentichino i doveri inerenti alla prestazione lavorativa: è il codice a definirli in modo assai preciso.
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giugno 27, 2003