La manovra e il PD
Nella stessa settimana in cui Giulio Tremonti presenta la sua manovra finanziaria, il PD riunisce la sua assemblea costituente. Lontanissimi per contenuti e finalità, i due eventi hanno un tema in comune: quello della leadership politica e della sua formazione.
Nel PD l’assemblea dovrà trovare un nuovo Presidente al posto di Prodi dimissionario, e la leadership di Veltroni trovare una conferma, dopo la serie di batoste elettorali, e gli endemici problemi identitari. Un processo palese, una prassi collaudata da decenni.
Nell’altro campo, dove il Re Sole domina più che mai la scena, in questa legislatura il tema della leadership sembrava scomparso. Con la sua manovra finanziaria, Tremonti ha dato prova non solo di capacità di innovazione, ma anche di straordinaria ambizione politica. Presentare la manovra come un insieme da approvare nella sua interezza entro luglio, modificare il marmoreo calendario dell’attività del Parlamento, cancellare la prassi consolidata di un mercanteggiamento che solo il ricatto dell’interruzione delle vacanze natalizie valeva a interrompere, e tutto ciò mentre intorno a Berlusconi rumoreggiano le querelles mediatico-giudiziarie: se questo non è calare l’asso…
Perché la sua scommessa sia vincente, Tremonti ha bisogno che le leggi siano approvate in tempo e sostanzialmente indenni. Quanto più ardita la novità, tanto più forte la necessità di un quadro politico affidabile: la maggioranza deve restare compatta e l’opposizione non deve fare ostruzionismi. I contenuti della Finanziaria di Tremonti risentono di questo vincolo. Il PD non può dare battaglia sui temi che il Riformista ha chiamato da “socialismo reale”. I liberisti (Tremonti sa che bene che hanno molti ascoltatori i Nicola Rossi e i Bruno Tabacci le cui puntuali critiche il Sole ha riportato ieri) storceranno il naso, ma dovranno pur riconoscergli dei meriti: su Università, servizi pubblici locali, legge Biagi, norme à la manière de Brunetta. E gli enti locali sanno di poter confidare su Tremonti per una rapida introduzione del federalismo fiscale. Tremonti non offre spunti per battaglie campali: si deve guardare solo dalle imboscate, che già l’hanno obbligato a ritirarsi su province e comunità montane.
La Finanziaria di Tremonti è un complesso disegno politico, che poggia (per ora) su tre capisaldi: modifica del rapporto tra esecutivo e legislativo, grazie ad un nuovo disegno dei provvedimenti finanziari; rapporto non conflittuale con l’opposizione, grazie a un’attenta calibratura dei contenuti; impegno sul federalismo fiscale.
Questo progetto Tremonti lo ha intestato a se stesso: e questa è una novità. Non è più il Tremonti che mette la sua intelligenza e la sua fantasia al servizio del progetto berlusconiano “meno tasse per tutti”, e che riesce a forza di condoni, di scudi, di abili giochi con le regole di Eurostat,a passare attraverso crisi finanziarie senza strozzare l’economia e senza sfondare il fatidico 3% di deficit. Non è neppure il Tremonti di Lorenzago, artefice di un accordo, non “autore” della riforma costituzionale del 2005. Soprattutto non vuol più essere il Tremonti ingabbiato da colleghi puntigliosamente gelosi delle proprie prerogative.
Il consenso che Berlusconi sa raccogliere sulle piazze e sui teleschermi in campagna elettorale, necessita di basi più solide di quelle che abbiano dimostrato di sapere fornire i capi di alleati storici, e più ampie di quelle che può offrire la Lega. Tremonti può trovarle, ma vuole avere spazio per manovrare e trovare supporto: con la formula “il mercato dove possibile, il governo dove necessario” si consente ogni pragmatismo. Si conosceva un Tremonti machiavellico, si ritrova un Tremonti guicciardiniano. Il suo fortunato libretto non è la Bibbia di una visione politica, è lo strumento divulgativo per poterne fare a meno.
È per consentirsi di essere pragmatico che bolla di astrattismo le ricette liberiste, e irride a quella che chiama sprezzantemente la “scientology” politico-economica. Ma poi nelle sue accuse al “mercatismo” è fin più moderato del cristiano democratico presidente Horst Koehler, per cui la ricerca del profitto genera “mostri” ; e meno drastico del cancelliere Angela Merkel, per cui il sistema anglosassone è geneticamente inferiore a quello continentale. Le sue proposte di aumentare il deposito cash nelle transazioni sul “petrolio di carta”, avendo probabilità quasi nulla di essere applicate, sono sostanzialmente innocue; ma, allineandosi brillantemente alle correnti più autorevoli del pensiero economico continentale, fanno di Tremonti colui che guadagna consenso internazionale per il Governo di Berlusconi: che certo ne ha grande bisogno.
Alla nuova Fiera di Roma, Walter Veltroni cerca una conferma alla propria leadership su un partito scosso dalle correnti e dai loro capi. Una trama già vista, con attori noti.
Nella sala della maggioranza al Ministero dell’Economia, insieme alla presentazione della manovra finanziaria, emerge un quadro in cui si collocano in modo coerente molti aspetti dell’attività politica di Tremonti. È una novità di rilievo nel panorama della politica italiana: e nella foto di gruppo dei suoi massimi protagonisti.
giugno 21, 2008