Intervista di Carlo Maria Pinardi
Sono giornate decisive per il futuro dell’Euro e dell’Europa. Lagarde dice che ci sono tre mesi per salvare l’Euro…
Il maggior contributo che potrebbero dare tutti quelli che, signora Lagarde in testa, gridano al pericolo, è di dire che cosa vogliono e che cosa propongono. Credo che nessuno voglia l’euro come è oggi, e quasi nessuno non vuole più l’euro in nessun modo. Provo a suggerire un primo passo logico: dire esplicitamente quali si pensa siano, per ciascuno, le condizioni perché l’euro possa uscire da questa crisi, e quali perché non precipiti nella successiva.
I tedeschi si godono un euro debole, tassi ai minimi di sempre e buona tenuta della propria economia… una scelta miope?
Lei dà un aggettivo alla scelta, io – che sono una persona gentile - evito di darlo alla domanda. Per i primi 7 anni l’euro è andato bene a tutti gli altri, mentre Germania (e Francia) non “godevano”. “Godere” per la buona tenuta della propria economia non mi pare un peccato mortale. La Germania deve il suo successo alle leggi Hartz sul mercato del lavoro: Schroeder le ha volute, e ha pagato. Non ha vinto le elezioni e ha perso quelle successive. Proprio su quel tema, Monti ha prodotto un testo miserello, e neppure si sa quando il Parlamento lo approverà. Quanto ai tassi, di cambio e di interesse, li fanno i mercati non i governi.
Merkel sostiene che l’emissione di eurobond è come mettere il carro davanti ai buoi…
Solo perché è notoriamente angelica, e usa espressioni bucoliche. Eurobond, come la mezza dozzina di soluzioni proposte, differiscono solo per il modo in cui è impacchetta la richiesta che i tedeschi paghino i debiti degli altri paesi. Torniamo alla prima domanda: davvero risolverebbe questa crisi? E soprattutto, perché dovrebbe garantire che non succeda di nuovo? E se a quel momento la Germania non dovesse avere più il suo surplus?
Per l’Italia sarebbe più pericolosa l’uscita della Grecia dall’Euro o l’avvitamento della crisi spagnola?
Magari fossimo come Bertoldo, che aveva ottenuto di scegliere l’albero a cui essere impiccato. Proviamo a usare di nuovo il criterio iniziale. Credo che l’euro possa sopravvivere a questa crisi se esce la Grecia, non sono sicuro che non entri nella crisi futura se si evita l’avvitamento della Spagna.
Il suo giudizio sul governo Monti è assai severo. Almeno la spending review potrà dare risultati significativi?
Severo io? Ma non è lui il professore? Quanto più la spending review sarà severa, tanto meno lo sarò io che il suo governo. Gli “assai” li distribuisca come vuole.
Come giudica i movimenti verso diversi equilibri nella governance in alcuni grandi gruppi quotati?
Se la domanda è generale, rispondo in modo generale: giudico bene se i movimenti sono trasparenti e la governance si semplifica. Se la domanda sono le Generali, mi pare che ci sia mossi in questa direzione. Se la domanda riguarda il gruppetto ex-Ligresti, credo che la proposta Sator-Palladio abbia il merito di indicare questa direzione. Se invece stava pensando allo IOR, le ricordo che non è quotato: almeno in questa terra.
Carlo Borgnis
12 annoe fa
Gentile Professore,
secondo la previsione del finanziere americano Georges Soros espressa lo scorso 2 giugno al Festival dell’economia di Trento, se in questi tre mesi l’Unione Europea non riuscirà a correggere i propri errori e ad invertire le tendenze attuali, non vi sarà più tempo per cercare di salvare l’euro, anche perché “la recessione comincerà a contagiare la Germania e, dopo l’estate, Angela Merkel si troverà con un’economia troppo indebolita per potersi permettere politicamente di impegnare Berlino in qualsiasi iniziativa europea che metta a rischio i soldi del contribuente tedesco”.
Effettivamente il tempo sta scorrendo velocemente la consapevolezza dell’acuirsi della crisi è confermata anche dall’iniziativa assunta da Mario Draghi, presidente della Bce, José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, da Jean-Claude Juncker, presidente dell’Eurogruppo e da Herman Van Rompuy, presidente dell’UE, di preparare un piano generale per uscire dalla crisi in atto. Il progetto, che verrà presentato al vertice europeo di fine mese, prevede una unione bancaria, una unione fiscale, un’unione politica e riforme strutturali. Quindi prevede che in piena corsa si creino gli Stati Uniti d’Europa. Si tratta di una fuga in avanti che non può essere attuata in fretta e furia, come impongono i tempi della crisi economica e finanziaria. Si tratta infatti di un processo in cui gli Stati nazionali verrebbero spogliati di molti poteri che verrebbero assegnati alle autorità europee. Quindi se, come è prevedibile, il piano verrà usato come indirizzo strategico dell’Unione non basterà assolutamente a spegnere il fuoco che sta bruciando l’Unione monetaria europea.
Occorre però rammentare che la politica della Germania (no agli Eurobond, no alla monetizzazione del debito, ecc.) non può essere assolutamente spiegata con il proposito di salvare la moneta unica. Il Governo tedesco è perfettamente consapevole che i Paesi deboli dell’Europa sono caduti in una trappola dell’austerità (ossia più tagli, più recessione) dalla quale non possono uscire senza grandi aiuti esterni. Inoltre, come era prevedibile, l’intransigenza tedesca si scontra sempre più direttamente con le pressioni dei Paesi deboli che chiedono un allentamento dei programmi di austerità e politiche che rilancino la crescita.
Per adesso, più che fantasticare sulla cavalleria che arriverà in soccorso, si può realisticamente contare su due ronzini più umili, ma a loro modo robusti. Il primo è la svalutazione dell’euro, che sta acquistando velocità. Il secondo è la discesa continua del petrolio, che in un mese, in dollari, ha perso il 16 per cento ed è ora meno caro di un anno fa. Per l’economia americana l’impatto positivo potrebbe superare quello di un Quantitative easing. Per l’Europa, che deve pagare di più il dollaro, la riduzione di prezzo si riduce al 10 per cento. Mentre però l’America produce la metà dell’energia che consuma, l’Europa la importa praticamente tutta.
Un cordiale saluto,
Carlo Borgnis