La sostituzione di Fazio, l’ho proposta esattamente un anno fa su La Stampa, (candidato Mario Monti); il mandato a termine e l’attribuzione all’Antitrust delle competenze sulle banche, li ho chiesti con articoli, convegni, emendamenti. Ho paragonato Fazio al Minosse dantesco che “orribilmente ringhia” quando “giudica e manda secondo ch’avvinghia”. No, non si può proprio prendermi per “fazista”.
Ma trovo intollerabile e pericolosa la canea che grida “cacciatelo”. Il giacobinismo è il contrario della politica. E io sono contro la politica di Fazio, non contro la sua persona; sono contro il suo dirigismo, che ha fatto del mondo bancario un sistema autoreferenziale e autocratico. Ma Fazio non ha mai nascosto quale fosse la sua politica. E, diciamo la verità, la sua politica è andata bene a tanti: il suo dirigismo ha interpretato i sentimenti della maggioranza del Paese e non ha certo disturbato gli interessi forti. Ad accusarlo di avere favorito gli italiani a danno degli stranieri, sono gli stessi – politici e giornalisti – che prendevano sul serio il pericolo che gli stranieri volessero drenare il “nostro “ risparmio per finanziare le “loro” aziende: oggi sferruzzano scandalizzati sotto la ghigliottina mediatica.
Nel valutare se una banca ha mezzi sufficienti per acquisirne un’altra, nel consentire quanto e quando superare certe soglie di possesso, Bankitalia ha ampi margini di discrezionalità. E’ certo che Fazio li ha usati per favorire una soluzione nazionale. Quello che bisogna provare è che abbia violato norme: finora nessuno l’ha fatto, neppure la BCE. Perfino il Financial Times lo riconosce.
Si invoca allora la dignità nazionale – lesa dal contenuto delle intercettazioni, soprattutto nella traduzione inglese – per chiedere la cacciata di Fazio. E’ invece vero l’esatto contrario: un paese serio non caccia il Governatore della propria banca perché un signore gli dice che vorrebbe dargli un bacio in fronte. Uno stato di diritto non caccia un suo funzionario senza accertare se ha violato norme. Un Paese serio non lascia che gli esiti di battaglie per i diritti proprietari, magari non solo di banche, siano decisi da PM, a colpi di indiscrezioni abilmente lasciate filtrare, di sequestri abilmente sincronizzati con i periodi feriali. Un Paese serio cambia politica quando ritiene che sia venuto il momento di farlo, ma in modo democratico, non giacobino.
Il modo c’è , semplice, trasparente. Si approvino, ora che arrivano in Senato, le due riforme sul mandato a termine e sui poteri antitrust, approvate dalla Commissione alla Camera e poi bocciate in aula dal voltafaccia leghista. Una persona seria, e Fazio certamente lo è, si dimette quando vengono cambiate le regole. Potrebbe essere consigliato a farlo anche dopo il solo voto del Senato. Lo si sostituisca con un personaggio che, per la sua storia, dia garanzie di seguire un disegno politico di maggiore liberalizzazione: sarà lui che, senza che venga lesa l’indipendenza della Banca, modificherà i regolamenti interni per ridurre la discrezionalità ex ante e aumentare l’accountability ex post della Banca.
agosto 11, 2005