In Italia ogni cittadino spedisce ogni anno in media 100 “oggetti” (lettere, cartoline, pacchi): contro uno standard europeo di 400 (che arriva a 600 in Francia). A forza di disservizi e di ritardi, gli utenti, quando possono, usano altri sistemi per comunicare: il telefono, il fax, i corrieri privati.
E si continua: i terminali Internet o gli sportelli Bancomat sostituiranno gli estratti conto inviati dalle banche, oggi il 50% del fatturato Poste; la certificazione elettronica della firma ridurrà il numero delle raccomandate. La posta via Internet aumenta in modo rapidissimo: anzi se il direttore del Sole è d’accordo prenderò a firmare anch’io con il mio indirizzo di e-mail, come è ormai consauetudine su molti giornali esteri. E’ il modello teorizzato da Hirschmann: quando un servizio diventa scadente, i clienti “ricchi” adottano la strategia dell’exit, prevalgono quelli “poveri” la cui voice ha poca forza per esigere miglioramenti.
La strada dell’ exit costa cara: l’economia italiana spende cifre spaventose a inviare documenti per fax, a spedire lettere per pony express . Recuperare clienti scontenti è difficile, ma lo spazio per aumentare il fatturato c’è, ce lo ricordano le bollette telefoniche che paghiamo, i fastidi che subiamo (sotto Natale poi….), lo dimostra il confronto con le medie europee.
Il mestiere delle Poste è portare lettere e pacchi in modo rapido e certo: questo è quello che avremmo voluto leggere scolpito in testa al “piano d’impresa” che Corrado Passera ha illustrato in una estesa intervista sul Sole 24 Ore del 15 Dicembre. Invece la crescita di cui Passera parla é tutta nei nuovi servizi: la rete degli sportelli, “ una potenzialità che non viene sfruttata in pieno”, deve diventare “un canale di vendita di prodotti finanziari”, dalle assicurazioni al pagamento delle multe. E poi c’è la parte del piano di cui Passera non parla, quella di estendere l’area dei servizi riservati, in cui le Poste pretendono di far rientrare anche i servizi a valore aggiunto tipo Postel, e di cui si sta occupando l’Antitrust.
Per battere la concorrenza la via più facile é quella di escluderla. Già le anticipazioni giornalistiche suscitano molte domande. I servizi su cui punta il piano sono in tanti a volerli offrire: anche l’Enel vanta una capillare presenza sul territorio; TNT-Traco pensa di utilizzare le tabaccherie, che hanno sì un’immagine meno ufficiale, ma che sono capaci a vendere. Il fatturato aumenterà, ma quanto aumenteranno i margini? Per riconvertirsi ad un mestiere nuovo si deve spendere prima di incassare: quanto spendere e quando incassare? Gli uffici postali sono una strana banca; ha sportelli e manovra danaro, ma non può fare il mestiere della banca, cioé fare prestiti (per fortuna, non ci si può trattenere di aggiungere). E si potrebbe continuare.
Ma su tutto grava la domanda di fondo: qual é l’obbiettivo? Supponiamo che la bravura di Passera e la paura del baratro riescano a far piazza pulita delle incrostazioni di privilegi, della mappa di potere reale di cui egli stesso ci dà qualche impressionante esempio; supponiamo che riescano a suscitare insospettati animal spirits nei dipendenti; supponiamo che si trovi l’equilibrio finanziario oltre che economico: alla fine che cosa ci abbiamo guadagnato? Sentiamo veramente l’esigenza di disporre di un’altra rete di vendita di servizi finanziari? E’ per avere qualche licenziamento in meno, e “una bella e grande privatizzazione” in più? Era per questo o per assicurare un servizio universale di qualità che abbiamo sopportato perdite simate in 7000 miliardi negli ultimi 10 anni, abbiamo tenuto in vita un’azienda che ora ha un perdita tendenziale che corre verso i 3000 miliardi l’anno?
La proprietà non é un fatto ininfluente su strategie e risultati. Le Poste hanno tre padroni: i sindacati, il Tesoro, il Ministero delle Comunicazioni. I piani dei sindacati sono noti: investimenti (informatizzare gli uffici); formazione (per ricuperare gli esuberi); diversificazione dell’offerta. Passera può stare tranquillo, la risposta di Cgil, Cisl, Uil gli farà passare un buon Natale.
Il Ministero delle Comunicazioni (2000 dipendenti) riflette che se dopo i telefoni perde anche le poste non si sa bene che ci resta a fare. Il Tesoro vuole vendere e incassare. Ma nessuno che si ponga a guardia dell’obbiettivo prioritario: consegnare rapidamente lettere e pacchi.
Siamo alle solite: la RAI prende il canone per il servizio universale e lo investe per fornire servizi a pagamento via satellite; l’Enel lucra la posizione di monopolio nell’energia elettrica e si espande nei telefoni; l’Eni gode del monopolio del trasporto del gas e guadagnerà dalla carbon tax. E, per non essere da meno, le Poste vogliono il monopolio sul Postel e si diversificano nei servizi finanziari.
E poi uno dice i Nuovi Mattei.
dicembre 20, 1998