L’espediente retorico di usare i termini nazista e fascista per demonizzare l’avversario si sta diffondendo. L’ha usato Bossi all’indirizzo dell’Europa, provocando le reazioni delle cancellerie dei nostri partner, ed un’iniziativa assolutamente insolita del Quirinale. Lo usano a sinistra quanti voglio suscitare l’indignazione, e incitare alla resistenza contro il regime che si starebbe consolidando in Italia. Chi, come me, trova sbagliato l’uso di un termine che, a forza di essere inflazionato, finisce per essere svalutato, e svuotato del suo concreto, e tragico, significato storico, dovrebbe accomunare il Bossi dell’Europa nazista e gli apocalittici dell’Europa fascista nella stessa disapprovazione.
È però indubbio che noi sentiamo una profonda differenza tra le rodomontate del senatùr al congresso della Lega e le invettive su MicroMega o sull’Unità. A spiegarla non basta la differenza di stile, quella che passa tra volgarità e cultura; né il diverso scopo a cui dovrebbero servire, le invettive degli apocalittici per spostare l’asse politico della sinistra, quelle del leader della Lega per garantire la costanza del posizionamento del suo partito; gli uni per eccitare a ribellarsi ai propri leader, l’altro per ammansire la propria gente e condurla compatta e fedele all’alleato di governo. Né credo dipenda dal fatto che si provano emozioni diverse per gli errori della propria squadra e per gli autogol del terzino avversario.
Quella che sentiamo come differenza è quella che passa tra intellettuali e politici, una distinzione che si è venuta a volte offuscando di recente. Paolo Flores D’Arcais e Furio Colombo, Pancho Pardi e Nanni Moretti sono intellettuali, a loro parla Barbara Spinelli nel suo editoriale di domenica sulla Stampa, quando ricorda che compito dell’intellettuale è «ridurre drasticamente la materia del contendere classico fra destra e sinistra[…]: perché non aiuterà né il proprio campo né la società, se farà quadrato attorno ai propri schieramenti e non si disporrà a trasgredirli individuandone di nuovi, non verticali ma trasversali. [….]. Giacché la critica è feconda quando si volge alla propria chiesa, e l’elogio è fruttuoso quando si rivolge agli elementi rispettabili della parte opposta».
Politica è invece la ragione della mia critica: perché quando le indignazioni degli intellettuali, le metafore apocalittiche, le esortazioni alla resistenza al regime, vengono fatte proprie da politici, allora a pagarne il conto è tutta la sinistra, che vede allontanarsi la prospettiva di ritornare a reggere questo paese. Così come il costo delle invettive scomposte di Bossi sarà presentato a chi lo ha come alleato, e lo pagherà Silvio Berlusconi. Times, Financial,Times, Observer e New Statesman non hanno messo in guardia Blair da Berlusconi perché sta instaurando un regime fascista in Italia, ma perché non è credibile, troppo piegato su di sé e sulle proprie convenienze.
Il localismo etnico di Bossi va a vantaggio di chi difende le proprie riserve monopolistiche – quelle francesi dell’energia elettrica, tanto per fare un esempio – ; la sua idea di Europa finisce così per ridursi a boomerang proprio per chi dice di volere mercato e liberalizzazioni.
marzo 7, 2002