Silvio Berlusconi ha perso un primato: non è più lui la bestia nera, il nemico pubblico numero uno ora ha il nome e l’inquietante sorriso di Rupert Murdoch. Che il padrone di Fininvest condivida stabilmente con la Rai il mercato della televisione genera-lista (e con il centro-sinistra la scena politica) è ormai acquisito: ma che nessuno pensi di ripetere quella storia nella televisione satellitare. Non ci devono essere sorprese. Non ci saranno sorprese: parola di Salvatore Cardinale.
Così, appena Murdoch si è affacciato, via con la demonizzazione: è uno squalo che usa tecniche omicide verso la concorrenza, un opportunista australiano-americano-inglese, ubi bonum ibi patria. E, alternando insulti a blandizie: il satellite richiede enormi investimenti in marketing, se il mercato italiano si divide tra due concorrenti, avranno vita grama tutti e due. Perché farsi del male? Salga dunque anche la sua BSkyB sulla piattaforma satellitare insieme a Canal Plus, Telecom, Rai, Fininvest, tutti in un’unica azienda che acquisti i diritti di trasmissione e venda gli abbonamenti. Inoltre i messaggi, neppure tanto in codice, a Telecom: mai le venisse in mente di vendere la maggioranza di Streani, si ricordasse che gli utili si fanno con le tariffe.
Ma visto che Murdoch va avanti e che Telecom non si tira indietro, arriva la legge: nessuno potrà comperare i diritti di trasmissione di più del 60% delle partite di calcio di serie A. «Straordinarie ragioni di necessità e urgenza», il decreto legge ha iniziato ieri il suo iter al Senato.
Vi ricorrono le parole dette e ridette nelle passate settimane: i diritti dei consumatori, gli interessi delle società di calcio, il pluralismo, la concorrenza. Tante parole lanciate per evocare, nessun argomento sviluppato per convincere.
Consumatori. Che ci guadagnano i consumatori da un frazionamento dei diritti di pay tv tra due operatori? Solo maggiori costi e minore comodità: sia che abbiano una squadra del cuore e vogliano seguirla in casa e in trasferta, sia che preferiscano scegliere volta per volta la partita più interessante, devono comunque farsi due abbonamenti.
Società di calcio. I club producono spettacoli, e questa legge vorrebbe espropriarli del diritto di trarne il massimo ricavo: una volta aggiudicato il 60%, il restante 40% possono solo regalarlo o non venderlo affatto. Dalle risorse economiche dipende la qualità degli spettacoli. In tutta Europa, dalla Spagna alla Svezia, dalla Francia alla Germania, all’Inghilterra, è una sola pay tv ad avere i diritti di tutte le partite. E dicevano che il nostro era il più bel campionato del mondo!
Pluralismo nell’informazione. Tra Rai, Mediaset, Cecchi Gori, la televisione generalista offre una varietà di programmi tale da ridurre l’attrazione della tv a pagamento. La tv digitale terrestre è un’altra temibile concorrenza. Tant’è che Mediaset si è chiamata fuori, per lei la tv generalista sarà sempre in testa.
Della fetta di mercato che, se va bene, la pay tv prenderà tra molti anni, già la legge 249 stabilisce che nessuno potrà a regime avere più del 30%. Ora al vincolo di spartirsi i clienti si aggiunge il catenaccio di spartirsi i prodotti da vendergli. Blindato….gong!
Concorrenza. Canal Plus ha portato la tv a pagamento nel nostro Paese, le posizioni di forza se le è conquistate sul campo e le ha assicurate da contratti di non breve durata nei settori premium: se è il pluralismo ciò che si vuole, è delle condizioni del nuovo entrante che ci si dovrebbe preoccupare non di quelle dell’incumbent. Che concorrenza ci sarebbe se nessuno se la sentisse di investire e Canal Plus restasse da sola? Concorrenza è scoperta: se il mio concorrente ha il calcio, prenderò la Formula uno e lo sci, finanzierò il rugby, farò conoscere la pallavolo. Concorrenza è lottare per acquisire un vantaggio competitivo, non coltivare il campicello ricevuto in dotazione. E invece si teorizza un decubertinismo televisivo, competizioni in cui l’unico risultato è il pareggio. Ma già che ci siamo, perché non vietare le posizioni dominanti anche alle squadre, e mettere un limite ope legis ai campioni che si possono ingaggiare?
Consumatori, sportivi, club, pluralismo, concorrenza, non c’entrano nulla. C’entra solo neutralizzare il nuovo pericolo pubblico e assicurare sempiterna (e possibilmente poco costosa) centralità alla Rai. A parte lo scambio di persona Berlusconi-Murdoch, déjà vu: la sola novità è che questa volta si gioca d’anticipo.
È lecito sperare che il decreto legge sarà modificato in questa sua parte (anche sul decoder ci sarebbe da discutere). Ma resteranno le tossine che questa vicenda ha sparso, i danni che hanno fatto non sono facilmente reversibili.
È stato recato danno alla cultura delle concorrenza. Scambiare la concorrenza per la spartizione del mercato decisa dall’alto è una mistificazione; degradare il ruolo del garante a quello del protettore è un attacco — un altro attacco — portato alle autorità, sia Antitrust che di settore.
È stato recato danno alla cultura legislativa. Questa legge ha un nome e un cognome, e non è necessario citare gli argomenti di Hayek o Rawls per ricordare che un velo di Ignoranza deve proteggere la maestà della legge dagli interessi di una parte; che le leggi ad personam sono la negazione della giustizia, minano l’autorità del Governo, ne danneggiano la credibilità. Alla fine è quello di chi le ha proposte il nome che viene ricordato: con disdoro.
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febbraio 4, 1999