Passare per il mercato? Si può

aprile 18, 1999


Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore


L’OPA Olivetti sta diventando il reagente che, aggiunto alla soluzione, fa precipitare gli avvenimenti; le sue implicazioni ormai non riguardano solo più le due società interessate, ma politiche e assetti industriali italiani ed europei.

1. I fatti della settimana rosa Primo: con l’insuccesso del progetto Rossi-Bernabè é chiaro che nessun privato é disposto a mettere mano al portafoglio per difendere gli attuali assetti di Telecom.
Secondo: numerosi voci ed iniziative si sono potute sviluppare nell’incertezza normativa di una golden share la cui portata non é stata ancora precisata.
Terzo: la vicenda Telecom si é trovata ad essere un tassello di un complicato gioco ad incastro; diventa ormai difficile giudicarne ogni pezzo, banche assicurazioni industrie, ciascuno per sé, con le proprie strategie ed i propri interessi. Anche chi, come il sottoscritto, ritiene questo stato di cose non il migliore ai fini dell’efficienza del sistema, deve realisticamente prenderne atto.

2. Il confonto ideologico e il confronto dei dati Si dice alleanze internazionali, ma si pensa national champion . E’ stata questa prospettiva a indirizzare le scelte di Romano Prodi nella privatizzazione di Telecom, le alleanze frettolosamente concluse, gli assetti proprietari, le missioni affidate ai vertici. Quella di un european champion in cui inserire Telecom è la visione prediletta di tecnocrati dirigisti, nonché dei sindacati. Una visione che inevitabilmente predilige che a realizzarlo siano soggetti pubblici o ex-pubblici piuttosto che privati. Di qui, come extrema ratio difensiva dell’attuale management sconfitto una settimana fa- nasce l’ipotesi dell’accordo con Deutsche Telekom.
Chi crede che la crescita e sviluppo siano correlati a mercati concorrenziali come l’effetto alla sua causa, non può che restare scettico. Ma deve prendere atto che esiste una fortissima corrente di pensiero per cui lo specifico europeo esigerebbe di subordinare l’efficienza a lungo agli interessi a breve degli stakeholders, la crescita e l’innovazione alla stabilità delle imprese e dei loro dipendenti.
Ma alla fine si deve tener conto dei fatti, e converrà ricordarne alcuni. I dipendenti, 125.517 quelli di Telecom Italia, 203.774 quelli di Deutsche Telekom . Il ROE ,pari all’11,6% per l’azienda italiana, al 7,7% per quella tedesca; il ROI pari al 17,7% rispettivamente 12,5%. (British Telecom ha un ROE del 17,5%, un ROI del 19,8%).
Il futuro, che proprio pochi giorni fa il presidente di Deutsche, Sommer, ha previsto molto difficili per la sua società. La legislazione societaria tedesca, che conferisce ai sindacati ruoli e poteri rilevanti.

3. Prospettive e auspici. Che cosa ci si deve augurare per Telecom Italia e per il sistema paese? Innanzitutto che il ruolo necessariamente più incisivo che i nodi tra banche, assicurazioni e telecomunicazioni postulano per la politica e in primis per il Presidente del Consiglio non ne facciano venire meno la neutralità. Il sentiero tra neutralità del Governo ed azione politica é stretto ma si apre a prospettive interessanti. Purché si assicurino alcuni passaggi chiave.
Primo: l’OPA Olivetti – già in corso come hanno ricordato D’Alema e Visco – deve svolgersi regolarmente. Essa in caso di successo individua in Tecnost il soggetto forte –reso, se serve, più forte dal concorso di altri industriali italiani -che dovrà trattare con i tedeschi. Nessuna joint venture funziona senza definire chi comanda, e neppure un’azienda telefonica si gestisce con le teleconferenze.
Secondo: nell’Europa dell’euro la “parità” di cui ha parlato Prodi non consiste nelle quote, azionarie, di mercato, o di consiglieri. Il centauro non rappresenta la parità tra uomo e cavallo. E’ quindi irrinunciabile che ogni ipotesi di accordo con Deutsche non si traduca in una pubblicizzazione – per di più con uno straniero- di Telecom: l’ha detto ieri Ciampi ed é un punto fermo.
Terzo: data la natura pubblica di Deutsche Telekom, ci vuole la garanzia di un mallevadore pubblico. Il 35% dell’ENI ancora di proprietà del Tesoro, o le promesse elettorali di vendere Enel, ricordano la labilità delle impegni dei Governi. Inoltre chi privatizza sceglie anche come, e con chi farlo. La golden share é lo strumento tecnico per consentire al Governo di svolgere questa funzione che solum è sua.
Una soluzione di mercato pur rispettosa di una visione politica che ha largo corso in Europa sembra possibile, ed in questo modo l’Italia darebbe un contributo positivo a realizzarla e a farla accelerare. L’Europa darebbe ai mercati mondiali la prova che non si chiude a proteggere i suoi centauri, ma che é pronta, seppur con tempi più lunghi e percorsi meno lineari, a giocare da protagonista nei mercati mondiali.

Invia questo articolo:
  • email
  • LinkedIn



Stampa questo articolo: