Parole e crociate

settembre 16, 2002


Pubblicato In: Giornali, La Stampa

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Non ero in piazza San Giovanni. E non commetto l’errore di giudicarla solo da alcuni spunti. Per quelli che la pensano come me Berlusconi è l’avversario e il suo governo sta facendo male: ma ciò non significa dire che è «estraneo alla democrazia», né proporsi di estrometterlo a spallate giudiziarie, né tanto meno poi equiparare Bush a Saddam Hussein. Su nessuna di queste tre cose una sinistra riformista, che si batta per governare un paese occidentale a economia di mercato, può essere d’accordo.

Ma la sinistra italiana ha molte anime, la pretesa di volerla ridurre magicamente a riformismo sarebbe velleitaria. Bisogna allora cogliere dei punti di fondo, senza dare patenti e, per favore, senza subirne, visto che c’è chi a sinistra nel tiro al riformista si esercita con sarcasmo. Il primo spunto è che quando Moretti dice che «il movimento» ha dato fiato alla sinistra, dice il vero. L’imponente rabbia delle manifestazioni ha scosso la fiducia in se stessi dei leader dell’Ulivo.

Tranne eccezioni di chi tiene fermo il punto, come D’Alema e Amato, che rischiano di pagare un prezzo pesante. Il secondo è che sbaglia chi crede che le tre anime movimentiste – quella dei «diritti antagonisti» di Cofferati, quella legalitaria-giustizialista e quella pacifista – cederanno disciplinatamente il passo al ritorno di una sintesi tutta politique-politicienne. Il terzo spunto è che quando sarà il tempo di scegliere il ticket di governo, il peso di questa spinta si avvertirà tutto.

Sarà maggiore quanto più la leadership attuale del movimento si sarà illusa che i propri pullman siano ipoteche a reggere la barra della politica. Neanche Prodi sarebbe più quello del ‘96, con alle spalle una consimile piattaforma. Il quarto è che il governo, spingendo su leggi come quelle sui processi, gioca al tanto peggio tanto meglio.

Ma potrebbe avere brutte sorprese. Perché se non vedo un solo paese occidentale in cui la sinistra radicale abbia vinto le elezioni, la pervicacia del Polo nei provvedimenti «per sé e i propri» può avallare la cro- ciata contro «l’anomalia Berlusconi»: specie con un’economia zoppicante. Per la sinistra delle riforme, c’è un compito diverso sia dal movimentismo, sia dalla pretesa di giudicare a ditino alzato.

Ma credere di battere Berlusconi solo con le crociate è scommettere sulla sua stessa insipienza. Oggi a molti sembra più probabile di un anno fa. Ma il giorno delle elezioni voglio evitare il tris dell’amara sorpresa del ‘94 e del 2001, scoprendo che le spade dei crociati sono spuntate.

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