La questione posta dalla Grecia di Alexis Tsipras è politica, non economica; politica e non economica ha da essere la soluzione. L’abbiamo scritto in tanti, ultima Lucrezia Reichlin sul Corriere della Sera di sabato: “Un accordo tra Grecia e paesi debitori deve essere basato su princìpi generali, senza i quali l’Unione non può funzionare”. Dove i princìpi generali sono politica, i saldi di bilancio economia. Questo, continua la Reichlin citando Martin Wolf, perché l’Unione monetaria non è un impero ma un insieme di democrazie. Wolf, a dire il vero, aveva scritto “unione federale” invece che “impero”, e “stati” invece di “democrazie”; e aveva concluso che questo partenariato può funzionare solo se è una comunità di valori, e che la Grecia, se vuole qualcosa di notevolmente diverso, ha il diritto di uscire, ma che allora ne esca.
GLI OBIETTIVI: Occorre rassicurare la Germania sul rispetto dei trattati europei e spingere ancora di più sul versante riforme
Anni fa era a causa del succedersi di governi che era già tanto se arrivavano all’anno; poi fu a causa degli scandali di Tangentopoli; poi per quelli che venivano giudicati “unfit”: per un verso o per l’altro il sistema politico italiano, visto da fuori, era considerato poco prevedibile e poco affidabile. Adesso che al Quirinale è andato un uomo politico dalla biografia impeccabile, e a Palazzo Chigi c’è un leader di rara capacità politica, quel cliché va archiviato. Non solo: mentre in Francia e Spagna partiti populisti antieuropei potrebbero vincere le prossime elezioni, mentre l’Inghilterra, a seguito del referendum, potrebbe uscire dall’Unione Europea, nel caos provocato dalla vittoria di Tsipras e dalle prime dichiarazioni del suo ministro delle finanze, l’Italia è un elemento di stabilità. Coincidenze così singolari non succedono sovente, e possono non durare a lungo: non c’è dubbio che Renzi se ne sia reso conto. C’è da augurarsi che voglia non sprecare l’occasione.
Bisogna guardare alla crisi greca avendo in mente l’interesse dell’Italia: sembra ovvio al limite della banalità. Ma qual è l’interesse dell’Italia hanno in mente quelli che pensano che con Tsipras abbiamo trovato un alleato? Alleato per fare che?
Intervista a Franco Debenedetti sulla sua reiscrizione al Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito e sul Quantitative Easing deciso dalla Banca Centrale Europea
“Alle banche popolari quotate servono regole per un controllo più efficace dell’operato degli amministratori, un maggiore coinvolgimento degli azionisti in assemblea anche mediante deleghe. Come ho già osservato in passato, un intervento legislativo è necessario. La sconfitta dei privilegi con la riforma delle Popolari e modifiche statutarie, che pure abbiamo sollecitato, non possono essere risolutive”. Era il 3i maggio 2011, e a dirlo era Mario Draghi, allora Governatore della Banca d’Italia.
Nei terribili fatti di questo inizio d’anno e nelle prospettive terribili che aprono di fronte a noi l’immediata, spontanea, reazione dei “je suis Charlie” è la sola nota positiva.
Perché non concederci almeno l’ottimismo di pensare che dietro le migliaia di matite ci sia la maggioranza di un Paese in cui “liberté” ha risonanze senza distinzioni fra i “da” e i “di”, che al medioevo dell’assolutismo teocratico oppone istintivamente le armi della ragione con cui, secoli fa, lo sconfisse?