Aldo Cazzullo risponde a un lettore sulla questione carta o contante. In coda la lettera di Franco Debenedetti inviata a Cazzullo, non pensata per la pubblicazione.
Lettera di un lettore ad Aldo Cazzullo.
Caro Aldo,
ho chiesto il conto in pizzeria ieri sera e mi è stato portato a tavola il pre-conto con la richiesta esplicita del cameriere «pagamento in contanti o con carta»? Dopo aver visto che era il pre-conto mi sono recato alla cassa pagando con la carta. Ho dovuto chiedere lo scontrino fiscale perché anche con il pagamento elettronico il cassiere mi ha salutato senza rilasciare lo scontrino fiscale. Ma prima di rispondere al saluto del cassiere ho dovuto chiedere lo scontrino. Non sarebbe più facile se l’Agenzia delle Entrate eliminasse dalle attività commerciali i dispositivi che emettono il pre-conto? Si farebbe anche meno spreco di carta chimica. Si è mai trovato in questa situazione?
Luca Barretta, Firenze
Lei vuol farci credere che Putin abbia invaso l’Ucraina per ricostruire l’impero russo e sbaragliare l’occidente; che il pogrom del 7 ottobre volesse dimostrare la vulnerabilità di Israele e quindi la possibilità di scacciare tutti degli ebrei dal fiume al mare. Si sbaglia, sostiene Carlo Rovelli nella sua prefazione alla traduzione italiana del rapporto di Greenpeace sugli effetti della spesa militare, pubblicata nei giorni scorsi come editoriale sul Corriere della Sera. Questo “scenario da brivido” sarebbe invece dovuto “all’immensa scellerata pressione esercitata dai fabbricanti di armi di tutto il mondo”. America, Canada, Europa, Australia e Giappone, perduta la loro gigantesca supremazia economica, hanno ormai praticamente solo la supremazia militare. “Gli smisurati proventi dell’industria militare, secondo Rovelli, generano un potere che spinge all’incremento degli armamenti e al loro uso per il solo motivo che qualcuno ci guadagna”. Perfino In Italia, “un personaggio che ha giocato un ruolo centrale per la potente industria militare italiana è ora ministro della Difesa e ha fra le sue priorità l’aumentare, per lucro, la vendita di armi italiane”. L’illustre scienziato avrebbe potuto aggiungere che è per aumentare i profitti della IG Farben con la produzione del Zyklon B che si costruirono i campi di sterminio, e della J.A. Topf und Söhne con la fabbricazione dei forni. E che da noi fu forse per sostenere l’industria delle spade che si chiese agli aratri di tracciare il solco. Cordialmente. leggi il resto ›
Caro Aldo,
il 25 aprile risalendo il corteo per raggiungere la brigata ebraica (ero arrivato un po’ in ritardo), era veramente fastidioso doversi sorbire gli insulti e le grida antisioniste inneggianti ai nipoti e posnipoti di quelli che, seguendo il Gran Mufti, combatterono fianco a fianco delle SS.
La necessità di adottare dispositivi idonei a tutelare la stabilità del governo era evidente fin dalla nascita della nostra Costituzione: anche Paesi di antica tradizione parlamentare si sono orientati per rafforzare i poteri del Primo Ministro. L’obbiettivo che si è posto il Governo Meloni è quindi condividibile, e l’occasione è da cogliere. Ragionevole è anche lo strumento caratterizzante della proposta Meloni, l’elezione diretta del Capo del Governo.
I problemi vengono dalla pratica attuazione: legge elettorale, scheda elettorale, nuova distribuzione dei poteri tra parlamento, capo dello Stato, capo del Governo, gestione delle crisi di Governo. Attorno ad essi si esercitano costituzionalisti, fondazioni politiche, think tank: anche L’Istituto Bruno Leoni ha dato il proprio contributo.
La nascita della “costituzione più bella del mondo” fu accompagnata dal celebre ordine del giorno Perassi: la seconda Commissione, recita il testo presentato il 4 settembre 1946, «ritenuto che né il tipo del governo presidenziale, né quello del governo direttoriale risponderebbero alle condizioni della società italiana, si pronuncia per l’adozione del sistema parlamentare da disciplinarsi, tuttavia, con dispositivi costituzionali idonei a tutelare le esigenze di stabilità dell’azione di Governo e ad evitare le degenerazioni del parlamentarismo». La storia politica e le vicende economiche dimostrano quanto perspicace fosse la preoccupazione di Perassi per una razionalizzazione della forma di governo parlamentare. Un dato per tutti: 68 governi nei 76 anni d vita della Repubblica, con una media di 13 mesi e mezzo ciascuno. «Tuttavia», per ricordare Perassi, di mettere mano alla forma di governo, per rendere gli esecutivi più stabili, se ne parla, come noto, da quasi quaranta anni (e da tre commissioni bicamerali e due referendum).