I servizi ai cittadini si trasformano spesso in luoghi di intermediazione politica che favoriscono episodi di corruzione
Le aziende pubbliche locali sono strumento per la fornitura di servizi ai cittadini o luogo di intermediazione politica? Producono efficienza o assistenza mascherata? Se da oltre un secolo che si cerca di dare un assetto normativo per introdurre efficienza in questo settore, se dopo una dozzina di riforme di sistema, ultimo il decreto Ronchi che mette limiti alla proprietà pubblica nel caso di servizi affidati senza gara, a ogni finanziaria si sente la necessità – o si trova l’opportunità – di introdurre qualche correzione alla normativa vigente, la ragione sta in una difficoltà iniziale: definire che cosa sia e che cosa debba essere un servizio pubblico. Da cui ne deriva un’altra, quella di catalogare situazioni le più disparate: infatti è diverso se si opera in regime di concorrenza o di monopolio naturale, se il servizio è fornito da una società quotata o direttamente dal comune; se l’azienda opera al Nord o al Sud.
Avere sfondato il muro che si opponeva alla riforma sanitaria, che aveva bloccato i predecessori democratici di Barack Obama, è stata salutata in Italia come una vittoria “di sinistra”: il Presidente americano è ritornato ad essere quello per cui i nostri liberal avrebbero voluto poter votare due anni fa. Un entusiasmo giustificato? Le critiche da sinistra al sistema sanitario americano poggiano su due punti: la mancanza di copertura e il costo.
“Garantire la promozione della concorrenza e dell’efficienza nei settori di pubblica utilità” ci sembrava che fosse già un compito sufficientemente impegnativo per le Autorità di regolazione: quello che è certo è che nessuno, nelle lunghe e combattute sedute di Commissione in cui si varò la legge che le istituisce, ebbe l’ambizione di creare “anticorpi alla società moderna” , o di proteggere da “avidità di speculatori” o da “intrusioni della politica”, come scrive Sergio Rizzo nel suo editoriale di mercoledì.
La sentenza del Tribunale di Milano nella causa Vividown contro Google ha valenza generale, se ne può dunque ragionare a prescindere dal vergognoso episodio di bullismo da cui ha preso le mosse: non è lecito mettere online immagini di persone senza averne ottenuto il consenso.
Quarta puntata della trasmissione autogestita dal Club per l’economia di Mercato. Conduce Franco Debenedetti. Ospiti della trasmissione: Tommaso Frosini e Michele Ainis. Argomento della puntata: la riforma della Costituzione
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