Apparentemente misteriosa, la vicenda Brancher è invece rivelatrice di cosa succede in questa fase del berlusconismo.
Misteriosa lo era stata per la subitaneità dell’entrata in scena. Ma come, defatiganti discussioni sulle nomine di authority e aziende pubbliche, mesi di interim prima di sostituire un ministro dimissionario, procedure bizantine per promuovere un viceministro: e qui invece, una mattina ci si sveglia e si apprende che c’é bisogno di un nuovo ministro?
“Se non desta scandalo che il sindaco di Torino chieda a Sergio Marchionne di valorizzare gli stabilimenti della Fiat, non capisco perché sorprenda analoga richiesta a una grande banca”, dice Sergio Chiamparino. Una sua non felice intervista di Salvatore Tropea su Repubblica aveva strappato a Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo e dell’associazione delle fondazioni bancarie, parole insolitamente vibrate. Non dovrebbe succedere con la seconda intervista sullo stesso tema, quella con Massimo Mucchetti sul Corriere della Sera di domenica. Ma si ritrovano le ambiguità concettuali che fin dall’origine attraversano il discorso su politica, fondazioni e banche.
Val poi la pena usare campioni famosi come testimonial? C’è da chiederselo, dopo le magre rimediate in Sudafrica. E pazienza se l’immagine della sconfitta è la maschera di un Cannavaro che cerca di consolare il compagno in lacrime. Ma quando è quella dei giocatori francesi che rifiutano di allenarsi per la partita che perderanno, c’è poco da salvare.
L’eventuale passaggio di soggetti da ente a ente o addirittura dal governo rischia di minare l’indipendenza e la credibilità dei regolatori.
Se non fosse per le sconcertanti vicende innescate dalla fine del mandato di Lamberto Cardia, sarebbe del tutto ovvio ricordare che tutti i maggiori Paesi riconoscono che il funzionamento di certi settori del sistema economico – politica monetaria, sistema bancario, mercati dei beni e servizi, mercati finanziari, servizi pubblici – devono essere sottoposti ad Autorità indipendenti: riconoscono cioè ci sono attività da svolgere e valori da preservare che è bene sottrarre agli interessi di governi e governanti, oltre che ovviamente a quelli dei soggetti controllati.
ROMA – «Il futuro di Pomigliano dipende dagli ostacoli che Marchionne pensa si frappongano al suo obiettivo strategico, raggiungere il fatidico limite dei 6 milioni di vetture. Secondo me, il maggiore è quello di avere buone automobili e una rete commerciale capace di venderle». Franco Debenedetti, liberista di sinistra, imprenditore e dal 1976 al 1978 direttore del settore componenti Fiat, è convinto che la partita decisiva sia diversa da quella che appare in questi giorni sui media.