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→  febbraio 8, 2011


La patrimoniale sembra, per il momento, respinta: quella “vera”, cioè l’operazione di finanza straordinaria, per tagliare con una botta secca lo stock del debito, non quella dello stesso nome, ma di finanza ordinaria, per modificare la composizione del flusso delle imposte, tassando anche il patrimonio oltre il reddito, in costanza (si vuol sperare) di pressione fiscale. Anche se sul Sole 24 Ore di domenica scorsa Giuliano Amato è tornato a parlarne e la scorsa settimana anche Pellegrino Capaldo è intervenuto di nuovo sul tema con una lettera sul Corriere della Sera.

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Pubblicato In: Giornali, Il Foglio
→  febbraio 1, 2011


A volte il tafazzismo della sinistra è disperante al limite del patetico. Prendiamo la proposta di mettere un’imposta straordinaria sul patrimonio per ridurre drasticamente il nostro debito pubblico: un prelievo, tanto per capirci, sui 900 miliardi di euro. L’idea la lancia Giuliano Amato in un convegno: ma é Dicembre, e poco dopo non se ne parla più. La riprende la settimana scorsa Pellegrino Capaldo sul Corriere. Amato non basta, dice, e aggiunge la decisiva variante: l’imposta va prelevata sulle case.

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Pubblicato In: Giornali, Vanity Fair
→  gennaio 29, 2011


Strategia in tre mosse contro una proposta indecente.

1. Rifiutare paragoni impropri. La proposta deve essere isolata perché appaia in tutta la sua oscenità. Non ha nessuna parentela con sistemi fiscali, presenti in molti paesi, che tassano sia il reddito che il patrimonio. Non ha nulla a che vedere con la patrimoniale notturna di Amato del 1992, che, a parte la dimensione del prelievo, fu varata quando il rischio di bancarotta incombeva su Governo e istituzioni. E neppure con l’Eurotassa, di cui era stata promessa la restituzione: questa arrivò, ma in misura che, conteggiando interessi e svalutazione, non raggiunse il 50%, e quindi serve a dimostrare ancora un volta che non ci si deve fidare dei governi: mai e di nessuno.

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Pubblicato In: Giornali, Il Foglio
→  gennaio 25, 2011


Stato, fisco e giustizia sono i dossier della prima ora mai affrontati

E’ perché manca un’alternativa credibile, si finisce per dire, constatando che né crisi economiche, né sfaldamento di alleanze, né gaffes internazionali, né scandali di vario genere sembrano scalfire il consenso che raccoglie Berlusconi da 16 anni. Ancor più singolare è che, specularmente, nessuno cerchi di impadronirsi di un capitale politico che frutta un dividendo così rilevante e stabile. “Salvare il capitalismo dai capitalisti”, è il titolo di un fortunato libro di Raghuram Rajan e Luigi Zingales. Parafrasandolo: perché a nessuno sembra interessare salvare il berlusconismo da Berlusconi?

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Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore
→  gennaio 20, 2011


Quando si parte male, è difficile correggere la rotta: rimediare ad una legge con un difetto di fondo, può produrre anche effetti ne­gativi. È quello che potrebbe accadere con la legge sui mutui ban­cari, da oggi all’esame del Senato.
Nel febbraio 1996, sull’onda emotiva di fatti criminali gra­vissimi, il Parlamento a Camere già sciolte modificava gli artico­li. 644 c.p e 1815 c.c., stabilendo che è l’entità del tasso — una volta e mezzo quello medio — a determinare il reato di usura; tas­si superiori sono usurari e, se fossero convenuti, la clausola sa­rebbe nulla e non sarebbero dovuti interessi. A seguito della no­stra entrata nell’euro i tassi medi sono calati, quelli pattuiti nei periodi di alta inflazione oggi si trovano oltre la soglia che defi­nisce l’usura.

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Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore
→  gennaio 19, 2011


Sette per cento: quando si scriverà la storia della vicenda del contratto di Mirafiori e delle polemiche che l’hanno accompagnato, bisognerà ricordare la vicenda di questo numeretto. Menzionato da Marchionne, se ben ricordo, qualche anno fa in una presentazione all’Unione Industriali di Torino (allora era Termini Imerese al centro delle polemiche), ripresa adesso (azzardo: per primo da Luciano Gallino?), rimbalzata in autorevoli commenti, é riaffiorata perfino nella straordinaria intervista che Sergio Marchionne ha rilasciato a Ezio Mauro. Se “il lavoro” conta così poco, sembra essere il ragionamento, perché accanirsi tanto a ridurlo? Se la minaccia è la concorrenza di paesi dove il lavoro costa meno, proprio lì bisogna colpire, a costo di ridurre i nostri operai nelle condizioni di quelli cinesi?

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Pubblicato In: Giornali, Il Foglio