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→  aprile 12, 2011


«Se è caro dev’essere strategico»: la battuta sarcastica di un manager per un’acquisizione discussa, mi ha reso diffidente. Usato in modo proprio, «strategico» qualifica come razionale un piano volto a un obiettivo; ma a volte si usa al contrario, per giustificare l’obiettivo e far passare per razionale il piano per raggiungerlo.
È il caso del piano antiscalate che l’Economia sta approntando: sembra razionale a patto di dichiarare strategico l’obiettivo dell’italianità.

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Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore
→  aprile 12, 2011


dalla rubrica Peccati Capitali

Nel 2015, trascorsi 70 anni dalla morte di Hitler, il Mein Kampf diventerà di dominio pubblico: chiunque potrà riprodurlo. Fa effetto parlare di “diritti d’autore” per uno che si chiama Adolf Hitler, di “opera d’ingegno” per un libro che istigò alla devastazione dell’Europa, di “creazione” per un’opera che seminò distruzioni, di “diritti” per un libro che incita a calpestarli. Ma non cambierebbe molto rinviare per legge il termine.

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Pubblicato In: Giornali, Vanity Fair
→  aprile 8, 2011


La sconfitta di Cesare Geronzi in Generali va letta in continuità con l’estromissione di Alessandro Profumo da Unicredit, e, risalendo ancora più addietro, con quella di Vincenzo Maranghi da Mediobanca. Dal quadro emerge in tutta evidenza il rafforzamento delle Fondazioni di origine bancaria.

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Pubblicato In: Varie
→  aprile 6, 2011

Argomento della puntata: l’Italia e il nucleare dopo l’incubo Giappone. Ne discutono in studio Franco Debenedetti, Rosa Filippini, Chicco Testa ed Elisabetta Zamparutti. Testimonianza da Tokio di Giusi Fasano. Conduce Francesco De Leo.

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Pubblicato In: Audio/Video
→  aprile 5, 2011


Una reazione parossistica. È il giudizio che vien da dare tirando la somma a oggi della vicenda Parmalat, mettendo a confronto l’entità del fatto e le reazioni che ha scatenato. Una società di un Paese membro dell’Europa che insieme abbiamo fondata, con cui condividiamo la moneta fin dal suo primo giorno, una società che gestisce da anni aziende del “Bel Paese”, sale al 30% di partecipazione in una nostra impresa quotata, acquistando azioni già detenute da fondi esteri: tanto basta perché da un lato si senta l’imprescindibile urgenza di ridefinire principi scritti in trattati di rango costituzionale e di prospettare lo Stato come investitore di ultima istanza, dall’altro si ceda all’irrefrenabile tentazione di flagellarsi compiangendo la debolezza della nostra imprenditoria e lamentando la fragilità del nostro capitalismo.

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Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore
→  aprile 3, 2011


Antisemitismo.

Ancor prima del delirio nazista esisteva una cultura ideologica diffusa. Saggio su Mann e Wassermann.


Il designer John Gallano che esalta le camere a gas, l’attore Charly Sheen che chiama il suo manager “maiale ebreo”, il leakileader Julian Assange che accusa gli ebrei di avere complottato per la sua estradizione, il gruppo pop giapponese che va in onda con la svastica al braccio: non sono vaneggiamenti etilisti, perdita di controllo, stravaganze. Se proprio “nello star system il rancore antisemita non è più tabù” (P.G. Battista, Corriere della Sera, 4 Marzo) è perché chi svaria su questo registro sa, o per istinto o per cinismo, di poter contare su un diffuso consenso. Generalizzazioni arbitrarie? Timori ingiustificati? Non si direbbe, se proprio in questi giorni Benedetto XVI ha ripudiato l’accusa di deicidio che da secoli veniva mossa agli Ebrei, e che è stata all’origine di tanto sangue.

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