dal blog La nostra Storia di Dino Messina
Colbertismo è stato per un trentennio una parola con accezione negativa. In principio era Reagan e la deregulation, anno di grazia 1980. Trent’anni di liberismo sfrenato che sono naufragati nella grande bolla finanziaria scoppiata nel 2008. Con l’intervento del presidente Usa Obama per salvare banche e industria, la parola impronunciabile è tornata in auge. E così il nome di Jean Baptiste Colbert (1619-1683), il grande funzionario pubblico nato a Reims che fu per 40 anni al servizio dello Stato francese, e per circa un ventennio fu il controllore generale delle finanze sotto Luigi XIV, il Re Sole che nei decenni successivi alla morte del suo stimato ministro fece in tempo a rovinare le finanze dello Stato.
Ora una biografia uscita in Francia, “Colbert: la vertu usurpée” (editore Perrin, pagine 488, euro 22,67), di François d’Aubert, racconta luci e ombre di questo rampollo borghese che entrò nelle grazie del cardinale Mazzarino pare per raccomandazione del prozio Michel Particelli. A segnalare questo volume è Franco Debenedetti sull’inserto domenicale del “Sole 24 ore”: “D’Aubert – sottolinea Debenedetti – scrive in realtà una doppia storia, quella della vita di Colbert e quella del giudizio che i posteri ne diedero. E’ un periodo cruciale per la Francia, dalla Fronda alla pace di Nimègue, in cui si costruisce lo Stato nazione, la gloria del Re Sole, il fasto di Versailles. La storia della vita di Colbert, d’Aubert la percorre da un angolo inusuale, quello delle politiche e delle tecniche per reperire e impiegare le risorse necessarie… Tuttavia, nel suo dichiarato proposito di far luce sulle parti che hanno goduto di ‘indulgenza storiografica’ finisce per non concedere proprio nulla al relativismo storico. E’ vero che Colbert era ossessionato dall’idea del denaro che si perdeva pagando per le importazioni, ma il metallismo all’epoca era mainstream in Europa come lo fu il keynesismo nella metà del secolo scorso. E’ vero che ricorre alla bancarotta dei titoli di Stato e alla tosatura delle monete, ma erano considerate pratiche scorrette, non eccezionali. La vendita delle cariche e il nepotismo erano parte del sistema. Colbert non fu il solo a usare le galere anche a scopi penitenziari, nè era solo la Compagnie du Sénégal da lui fondata a lucrare sulla tratta degli schiavi. Colbert morì ricco, ma non scandalosamente ricco a paragone di Richelieu, di Mazzarino, di Fouquet. Invece non erano affatto comuni le cose positive che fece, la contabilità dello Stato, l’equilibrio del conti pubblici, certe innovazioni finanziarie: se quello fu il secolo d’oo per la Francia il merito va anche a chi quell’oro lo raccolse e lo impiegò”.
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