Boicottaggi – Perché rifiutare il referendum non è una scelta tattica
Caro Direttore,
“i più tattici, ha scritto ieri a proposito del referendum di Bertinotti, si asterranno”. Io propongo l’astensione, e vorrei spiegare perché. Se alla fine mi dovesse dar del tattico, sarebbe per me la prima volta: e quasi lo prenderei come un complimento.
Non fui infatti tattico quando nel 1997 firmai il disegno di legge di riforma della disciplina dei licenziamenti, basato sui lavori e sulle tesi di Pietro Ichino, beccandomi insulti, da Pietro Ingrao a … Roccella, né quando lo riproposi in questa legislatura. Non fui tattico quando, avviandosi alla fine il governo Amato, additai il pericolo che la riforma finisse di farla Berlusconi a modo suo. Né quando, nel maggio di un anno fa, mentre la Fiom raccoglieva le firme per Bertinotti, sul Sole denunciai i pericoli de ” La trappola di Fausto”. E neppure quando chiesi ad alcuni nostri amici di scrivere “Non basta dire No”, di cui lei fece la prefazione.
Non sono tattico soprattutto perché io propongo l’astensione non come forma passiva di disinteresse, ma come campagna attiva e convinta contro il referendum.
Questo referendum é stato concepito per dividere l’opposizione, non per dare tutele ai lavoratori che ne sono sprovvisti. Fosse per quello, la mia proposta di legge già le prevede anche per i dipendenti di aziende con meno di 15 dipendenti, e per i Co.Co.Co; e il modello tedesco, il second best di Ichino, l’avevo già proposto a Piero Fassino nel Novembre 2001. Pensare di rispondere con un’iniziativa di legge oggi, a un mese e mezzo dal referendum, oggi che siamo in minoranza, é una pericolosa illusione. Ancora di più lo é pensare che una vittoria del sì faccia piazza pulita di ingombranti tabù del passato: il tanto peggio non é mai tanto meglio, un riformista non diventa più forte se vive un giorno da massimalista.
Questo referendum é stato progettato per dividere l’opposizione, non per sconfiggere Berlusconi. Per lui, é una win win proposition. Lui sì che ha solo da guadagnare ad aspettare gli ultimi sondaggi, mentre la sinistra si divide. E, se si impegnerà poco, anche dovessero vincere i sì, perderebbe meno di noi: perché potrebbe dare la colpa ai “comunisti” mettendoli tutti in uno stesso fascio, e, disponendo della risorsa governo, riconquistarsi il consenso dei piccoli imprenditori con una “legge Berlusconi” atta a ridurre il danno.
Questo referendum é stato disegnato per dividere l’opposizione. La spaccatura dell’Ulivo con i Verdi e i Comunisti Italiani, le tensioni nella Quercia, sono apparse ben prima e indipendentemente dall’iniziativa di Rifondazione Comunista. Ma Bertinotti fa il suo mestiere: ciò che dà al referendum il potere di approfondire la spaccatura è la decisione di Cofferati di usare, per riempire la piazze, le parole assolute – i diritti, la pace senza se e senza ma. Tattica sarebbe pensare di mettersi d’accordo con lui proprio oggi che i fatti mostrano come la sua ambizione porti la sinistra allo sfascio. Così come tattica sarebbe voler usare il referendum come “succedaneo” alle primarie, che sarebbero doppiamente ambigue: perché il quesito é improprio, e perché il sì raccoglie voti anche tra gli elettori della Casa delle Libertà.
Poiché questo referendum é nato per dividere l’opposizione, la risposta corretta é negarlo in radice, non accettare di entrare in quel terreno di gioco, non stare all’alternativa che ci vorrebbe imporre. Rispondere al quesito referendario sarebbe già stare al gioco, correre quindi il rischio di farsi ingannare da una delle mutazioni con cui questo virus cerca di penetrare le nostre difese immunitarie: estendere le tutele, abbattere i tabù, ristrutturare l’Ulivo, contare i riformisti. Quindi No al referendum, anziché No nel referendum. Rifiutare il referendum é cosa totalmente diversa dal non dare indicazioni di voto, come sembrava in un primo momento volesse fare la Quercia: non si lascia libertà di voto quando il quesito é indirizzato proprio contro di te.
Lasciamo che sia Berlusconi a dire, o a lasciare intendere che, se le scuole sono finite e si é già votato due volte per le amministrative, si può andare al mare. Noi restiamo in città, per dire No al referendum.
maggio 1, 2003