Rubrica “Porto Franco” sul congresso dei Ds
Non mi aspettavo citazioni poetiche da Fassino: ci ha dato un paio di Roosevelt e nessun Bernstein, e va bene così. La sua cultura non è quella dei cantautori. I documenti congressuali hanno una loro retorica ma Fassino i suoi punti fermi li ha messi. Sulla guerra e sui no-global innanzitutto.
La caduta di Kabul era una tentazione per invocare la fine delle operazioni: e invece Fassino ha ribadito le ragioni morali e politiche della guerra. E quanto ai giovani del no-global, «né identificarsi né inseguire». Definire le linee dell’opposizione è più complicato: so bene anch’io che il rapporto coi gruppi parlamentari è complesso. Fassino accusa Berlusconi di darwinismo, di volere la destrutturazione sociale, critica la Finanziaria; pur essendo personalmente contrario – a quanto mi dicono – annuncia il referendum contro le rogatorie. Ma in nessun passaggio cede a demonizzare Berlusconi. Ne fa le spese il libro bianco di Maroni, che in verità non si meritava un giudizio così negativo. Sul riformismo annoto una frase: il minimo storico del partito è dovuto a un deficit di riformismo. Ma poi prosegue più a elencare i problemi aperti che a indicare soluzioni e reali discontinuità. I passaggi chiave a cui aspettavo Fassino erano: il rapporto coi socialisti, Cofferati, l’Ulivo e, ovviamente, il problema D’Alema. Sul primo punto netta è stata l’affermazione dell’approdo definitivo al socialismo europeo ma in tutte le tre pagine sul tema il Partito Socialista Italiano non è neppure nominato. E sostenere che «la storica contrapposizione tra comunisti e socialdemocratici è stata risolta dal Muro di Berlino» varrà per l’Europa, non vale per l’Italia: da noi è finita cinque anni dopo per effetto di uno scontro frontale sui temi della moralità politica su cui sono intervenuti i magistrati. Per questo non condivido gli applausi e gli entusiasmi anche autorevoli: senza affrontare il problema della giustizia e del giustizialismo questo – e non solo questo – problema resterà aperto. Di Cofferati viene condivisa una lunga citazione ma a ben leggere la pagina dedicata al sindacato indicato a rappresentare tutti i lavoratori e a perseguire l’unità sindacale, suona come critica radicale alla Cgil di questi anni. Sull’Ulivo Fassino è stato preciso sul passato: non potrà essere una meccanica riproduzione dell’alleanza che ha portato alla sconfitta del 13 maggio. Quanto al futuro, sarà un «nuovo patto di cittadinanza». Questo «vaste programme» è affidato a D’Alema presidente. Così, senza una parola non dico per analizzare, ma neppure per ricordare i passati trascorsi. «Il passato è finito» ha detto Fassino citando Amato: io mi chiedo se basti dirlo.
novembre 17, 2001