Si dia in leasing una rete Fininvest»: così. Massimo D’Alema, a «Braccio di Ferro», polemizzando con Giuliano Ferrara sul conflitto d’interesse, rilanciando una sua precedente proposta.
Si tratta di un’uscita infelice: la proposta a mio avviso è non percorribile sul piano pratico, e penalizzante su quello politico. Sul piano pratico: il canone di leasing comprende una parte che rappresenta l’affitto del bene, più una quota rateizzata del suo valore; alla fine del periodo dì leasing il contraente ha la facoltà di riscattare il bene. Si tratta in sostanza di una vendita, con particolari modalità di finanziamento: modalità tra l’altro assai poco allettanti per Fininvest, che, stante la sua situazione finanziaria, avrebbe interesse a incassare subito l’intero corrispettivo. Nel caso poi di un bene in cui prevale il valore immateriale di avviamento, il leasing potrebbe invogliare a strategie (ad esempio di massiccio ricorso a tele-vendite) volte a sfruttare la rete nel breve periodo: il bene, una volta svalutato, potrebbe addirittura non venire completamente pagato. Il problema rimane la vendita, quello del finanziamento è risolvibile in modi più diretti. Si continua a ripetere che non ci sarebbero compratori: ma proprio in questi tempi in Inghilterra si sta aprendo la gara per un altro canale generalista, segno che l’interesse per questo tipo di emittenza esiste. Perché non si prova seriamente a verificarlo?
Ma è sul piano politico che la proposta di D’Alema sembra contraddittoria. Non si devono confondere (come sembra continui a fare Bossi) i due problemi. Da un lato c’è quello dell’antitrust, e cioè del superamento della posizione dominante Fininvest (e Rai): questo sarebbe effettivamente risolto vendendo una rete Fininvest (e almeno una Rai: a maggior ragione dopo il disastro della gestione Moratti sarebbe il caso di insistere su una proposta sostenuta per giunta da tutte le opposizioni). Dall’altro lato c’è il problema del conflitto di interessi: questo rimane identico sia che Berlusconi possegga tre, due, o una rete. Consentire che questo, che è un problema di principio, possa risolversi rendendo il conflitto di interessi più «piccolo», indebolisce la forza logica dell’argomento, che dovrebbe essere irrinunciabile per le opposizioni: anzi per la democrazia.
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novembre 14, 1994