Non è il caso di cantare “Don’t cry for me”

dicembre 7, 2005


Pubblicato In: Varie


Il rischio Argentina non è realistico. L’italia ha realizzato riforme come nessun altro Paese europeo. Peccato siano distorte.

Sul survey dell’Economist sull’Italia, illustri editorialisti hanno stigmatizzato che i giornali avessero commentato i commenti rilasciati dai politici a quello che i giornali avevano riassunto di quello che il settimanale aveva pubblicato: una grande torta multistrato.

E siccome la denuncia dei mali stimola la produzione di ricette salvifiche, di fianco ad essa sta costruendosi l’altra torta, quella del programma dell’Unione: il programma c’è ma non siamo mica scemi a dirlo prima, no ce lo dovete dire, ve lo dico io, in sei punti, no bastano 3, facciamo cinque, diteci almeno le persone. Produzione di torte a mezzo di torte: multistrato. E io provo a metterci la ciliegina.

Negli ultimi 15 anni in Italia abbiamo avuto una produzione di riforme quale pochi altri Paesi d’Europa: dall’istituzione dell’Autorità garante della concorrenza (1990), via via abbiamo fatto la riforma del mercato del lavoro (Treu e Biagi), privatizzazioni da Guinness, riforma del diritto societario, del mercato finanziario, delle banche, liberalizzazione dei servizi di pubblica utilità, riforma della Pubblica Amministrazione, degli investimenti pubblici, pensioni, decentramento. Come scrive Fabrizio Barca, abbiamo ridisegnato le tre istituzioni fondamentali del capitalismo: mercato, impresa, Stato. Ma negli stessi 15 anni abbiamo avuto la più bassa crescita in Europa, produttività ferma, competitività calante: non è l’Economist il primo a documentarlo. Perché? Perché le riforme non sono state attuate o sono state presto distorte (esempio: il TAR che regolarmente cassa le sentenze dell’Antitrust), ma soprattutto perché sono mancati gli incentivi, è mancata la svolta vera, quella che ha cambiato l’Irlanda, che ha salvato il Regno Unito. Non c’è da stupirsi che famiglie e operatori economici non abbiano modificato i loro comportamenti. Urge una forte azione liberalizzante e pro-concorrenziale, sul lato dell’offerta: in questo dovrebbe consistere il programma da scrivere sulla lavagna di Bruno Vespa. Posto che in Europa quel modello lo troviamo realizzato solo in Inghilterra, può essere controproducente che proprio da lì ci arrivino giudizi, o di essere governati da un “unfit” o di essere “unfit” tutti quanti.

Le resistenze delle “lobby d’Italia” sono barriere che ingessano, ma sono anche piccole dighe che proteggono chi ne è al riparo. Per questo, il nostro rischio è di diventare la retroguardia di una provincia in declino, piuttosto che di finire come l’Argentina. Non è il caso di cantare “don’t cry for me, Italia”. Per evitare la bancarotta (Amato nel ‘92), per non essere lasciati fuori dall’Euro (Ciampi nel ‘97) siamo capaci di reagire: come la rana che, buttata nell’acqua bollente, salta e si salva. Il nostro rischio, come per la rana messa nell’acqua che si scalda un po’ per volta, è di finire bollita. A meno che…

A meno che usciamo dall’Euro. Per noi sarebbe una tragedia. Ma avere un’Argentina conficcata in mezzo, sarebbe un dramma anche per l’Europa.

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