Non due sinistre, ma due statalismi: populista (Berlusconi), sociale (Prodi)

marzo 11, 2006


Pubblicato In: Giornali, Il Riformista

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Paradossi. Ricolfi e i programmi elettorali

Mercoledì sera, a “Porta a porta”, Silvio Berlusconi, per giustificarsi di ciò che il suo governo non ha fatto, e spiegare perché è criticato per quello che ha fatto, descriveva un’Italia tutta occupata o infiltrata dalla sinistra:«6000 comuni e 13 regioni in mano a loro, i grandi giornali, la magistratura, la Rai, quel viluppo inestricabile di cooperative, municipalizzate, amministrazioni, partito». Deve aver quindi sobbalzato, la mattina dopo, leggendo Luca Ricolfi che, sulla Stampa, va oltre, e qualifica di sinistra perfino il suo governo.

Per Ricolfi questa competizione elettorale non è tra una destra e una sinistra, ma tra due sinistre. Un paradosso, lo ammette lui stesso, a illustrare una tesi: l’intera offerta politica è oggi spostata a sinistra rispetto a quella del 2001 (e, ancora più nettamente rispetto a quella del 1996).
Il paradosso di Ricolfi funziona grazie a un sottile gioco semantico, lo scambio tra «sinistra» e «statalismo». In tal modo si spoglia la parola «sinistra» della sua valenza simbolica, e la sua riduce alla concretezza di una prassi, che la sinistra o ha seguito o è stata tentata di seguire.
E’ statalismo quello di Berlusconi che salva Alitalia dal fallimento, che concede generosi aumenti agli statali, che fa passare per privatizzazioni le cartolarizzazioni degli affitti delle sedi dei ministeri, che perde l’occasione di usare il Tfr per promuovere una previdenza integrativa basata su scelte individuali, che snatura il progetto di riduzione delle aliquote marginali incominciando dalle più alte, in interventi sostanzialmente redistributivi.
E’ statalismo quello dell’Unione che, per ridurre il cuneo fiscale sul lavoro, dovrà ricorrere alla fiscalità generale, che reintroduce l’imposta di successione sopra i 500 mila euro, che vuole tassare le rendite finanziarie.
Sono due statalismi diversi: quello della Casa delle Libertà è la conseguenza del cedimento alle pressioni degli alleati di Fi; quello dell’Unione è intrinseco al progetto. Uno è stato sperimentato nella passata legislatura, l’altro è proposto per la prossima. Statalismi diversi: populista quello di Berlusconi, sociale quello di Prodi.
Ma entrambi hanno cura di mascherarlo, il proprio statalismo. Berlusconi additando i “comunisti” che vede dappertutto. Prodi additando alcuni errori da correggere in nome della razionalità capitalistica: solo che questi presunti errori si rivelano, all’analisi, o inesistenti o largamente amplificati, e diventano dunque pretesti per giustificare l’ispirazione statalista.
Prendiamo il tema della precarietà del lavoro, ripetuto con convinzione non certo solo da Verdi e Rifondazione. Ma, come dimostrano le analisi dello stesso Ricolfi (in Tempo scaduto) su dati Istat, la precarizzazione non solo non è aumentata ma è drasticamente diminuita dal 2001: è infatti stazionario il numero dei contratti a tempo determinato ed è diminuito il numero degli irregolari.
Prendiamo il tema delle privatizzazioni «tradite»: quegli stessi che hanno realizzato le grandi privatizzazioni e le prime liberalizzazioni, invece di menarne giustamente vanto, e semmai additare chi non ha fatto il secondo passo dopo il loro primo, e non ha corretto tariffe rivelatesi eccessivamente vantaggiose, sembrano pentirsi e rimettere in discussione la politica allora seguita: il fatto che la privatizzazione è evidentemente il primo passo necessario per potere liberalizzare. Chi vuole invece subordinare la prima fase alla seconda, mira solo a guadagnare tempo.
Prendiamo il mito del declino e le sue contraddizioni.
Perché o le difficoltà attuali della nostra economia sono dovute agli errori del governo Berlusconi, e allora non è declino ma congiuntura. Oppure sono strutturali, e allora sono il punto di arrivo di un percorso iniziato più di 10 anni fa.
E’ pericoloso inventarsi miti. Si crea l’emergenza precarietà del lavoro, e così non si prende di petto la riforma dello strumento contrattuale: indispensabile per consentire l’innovazione anche nei modelli di business e quindi nell’organizzazione del lavoro, e perché l’aumento di produttività possa giovarsi del largo ricorso a forme di retribuzione incentivanti. Si crea il mito delle privatizzazioni «tradite», e si evita di far diventare una priorità lo smantellamento delle posizioni protette – servizi pubblici locali, vendita dei farmaci, scuole e università: e la Rai, prevista dalla Gasparri, promessa da Prodi e di cui più non si parla – ; operazioni tutte più difficili, più lunghe, meno appariscenti delle grandi privatizzazioni del primo centrosinistra, ma non meno necessarie. Si crea il mito del declino e si rende tutti più timorosi, più caparbi nel difendere o proteggere almeno quello che c’è anche a costo di rinunciare a quello che potrebbe essere.
Coerentemente con il suo paradosso, per Ricolfi la scelta tra le «due sinistre», quella della Casa delle Libertà e quella dell’Ulivo, ha influenza solo sulla «velocità e la direzione della nostra argentinizzazione»: e vorrebbe avere una terza possibilità. Manca ancora un mese alle elezioni, il mese cruciale per definire la propria offerta politica. Siamo ancora in tempo.

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di Luca Ricolfi – Il Riformista, 09 marzo 2006

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