Le stelle ai ristoranti? Con Michelin web 2.0 le assegna il cliente

dicembre 7, 2009


Pubblicato In: Giornali, Vanity Fair

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da Peccati Capitali

L’Antica Osteria del Ponte di Cassinetta di Lugagnano è una mecca, e lo chef Ezio Santin il suo profeta. Che ha fatto scandalo abiurando al sacro testo, al libretto rosso della Guida Michelin. Da anni la doppia stella lo poneva stabilmente nell’empireo dei ristoratori italiani: ha detto basta, non si sottoporrà più al giudizio dei severi esperti che in incognito vengono a valutare fantasia e tradizione, menu e carta dei vini, cristalleria e servizi: saranno i clienti agiudicarlo. A condurli non saranno più le pagine dei “vale un viaggio”, ma l’indirizzo segnato sull’i-Phone, il messaggino su twitter, il video su You Tube.


Chi ha raggiunto certe vette può permettersi di correre sa solo: come Gaja, che accanto al suo rigoroso Barbaresco si può permettere di inventare il Sorì Tildin. Però le guide, Michelin, Espresso, sono il faro che indica un porto, a pochi chilometri dall’Autogrill, a qualche isolato dall’albergo. Le guide hanno modificato gli osti, l’ambizione (l’interesse) ad “essere sulla guida” li ha spinti a migliorare l’ offerta. Saranno anche il politically correct del gusto, avranno le loro colpe per l’imperversare delle “riduzioni all’aceto balsamico”, delle “piccole pasticcerie” a fine pasto, delle salerie multicolori col filetto, del barbera barricato: ma grazie a loro oggi si riesce a mangiare meglio. Non è che vengono “abolite”: solo si passa dalle Michelin fatte da esperti, alle Michelin web 2.0, col giudizio degli utenti in tempo reale. (Però io mi guardo bene dal fare il nome dell’ultima osteria delle Langhe in cui si mangia come nei posti migliori prima dell’esplosione turistica).

Avessimo solo delle Michelin per le scuole e le Università!

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