Noi metteremo il veto su qualsiasi tentativo che vuole andare a dare un tetto alla presenza di titoli di stato nel portafoglio delle banche e saremo, senza cedimento, di una coerenza e forza esemplare”, ha detto Matteo Renzi in Parlamento in vista del Consiglio europeo di Bruxelles. Il “tentativo” a cui si riferisce Renzi ha avuto luogo nelle discussioni sulla costituzione del Fondo europeo di garanzia dei depositi, la terza gamba mancante dell’Unione bancaria, dopo la Vigilanza, già in funzione, e il Fondo di risoluzione, che si sta lentamente accrescendo e si completerà nel 2024. Inoltre è stata emanata la direttiva Brrd, quella del bail-in. Il fatto che questo preveda che a coprire le perdite di una banca, dopo gli azionisti, gli obbligazionisti subordinati e gli obbligazionisti ordinari possano essere chiamati anche i depositanti con importi maggiori a 100.000 (quelli fino a quel limite godono già di un’assicurazione europea), rende il Fondo di garanzia sui depositi molto importante: in mancanza di che, al primo rumor di difficoltà di una banca, i depositanti correrebbero a ritirare i loro averi, accelerando così il processo verso il fallimento.
La Vigilanza controlla non solo l’entità assoluta del patrimonio stesso, ma anche la sua composizione, ponderando il valore degli asset che lo compongono in funzione dei rischi. Tra i beni ci sono i titoli di stato, che finora erano considerati senza rischio, quindi calcolati con una ponderazione pari a zero. Lo sono davvero? Non per le agenzie di rating che dànno voti diversi ai debiti di vari paese, non per il mercato che li valuta con spread diversi. Anche una quota prevalente di titoli di uno stesso stato, costituisce una concentrazione di rischio contraria agli elementari principi di diversificazione dei portafogli. L’esperienza della Grecia dimostra che è importante tenere separati il debito pubblico nazionale dal sistema bancario locale: la crisi delle finanze pubbliche di un paese non deve portare automaticamente alla crisi della sua economia privata, e viceversa. Quindi bisogna indurre le banche a smettere di essere, come lo sono le banche italiane, sovrappesate i titoli di stato del proprio paese. Per farlo ci sono due strade: una è quella di non considerare più risk-free il debito sovrano di ogni paese dell’euro; l’altra è di mettere dei limiti alla quantità di titoli di un singolo stato nel patrimonio di una banca.
Il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, ha detto che senza questa limitazione, è contrario all’istituzione del Fondo, il ministro Schäuble gli ha dato ragione, il nostro Padoan si è detto contrario. Che Renzi sia contrario, testimonia solo che Palazzo Chigi e Via XX Settembre la pensano allo stesso modo. Con una differenza rilevante: che Padoan non parla di diritto di veto, per la semplice ragione che sa di non averlo. Come neppure ce l’ha Renzi. La decisione su come ponderare i rischi infatti spetta dell’Autorità dell’Unione bancaria, che risponde al direttorio della Banca centrale europea. E dato che la Bce è per statuto indipendente dai governi e gelosa della sua indipendenza: vantare un potere di veto sulle sue decisioni è un vulnus istituzionale di prim’ordine. “Anziché preoccuparci dei titoli di stato italiani nelle banche bisogna avere la forza di dire che in pancia [a istituti di altri paesi europei] c’è un eccesso di titoli tossici”, ha detto Renzi, con riferimento a Deutsche Bank e Commerzbank, ovvero la prima e la seconda banca tedesca.
Si dice che abbiano derivati per ammontari astronomici, senza però precisare se si tratta di valori lordi o nettati. I rischi delle banche tedesche sono in larga parte riconducibili a prima della crisi: a differenza dalle nostre che, come dice Tremonti, non parlano inglese. In ogni caso, fare apprezzamenti, per di più in Parlamento, su valori di aziende quotate è faccenda, come dire, delicata; farli su banche di un altro paese è poco elegante; farlo quando si è appena scesi dagli specchi su cui ci si era arrampicati per trovare un modo di liberare le nostre banche da 200 miliardi di sofferenze, e quando è ancora tutto da vedere se il meccanismo funzionerà, è azzardato.
- C’è un’imprecisione. Ponderare i rischi é compito dell’EBA, che risponde alla Commissione e non alla BCE, come io ho scritto.
https://www.eba.europa.eu/regulation-and-policy/single-rulebook/interactive-single-rulebook/-/interactive-single-rulebook/article-id/1142
Non cambia però nulla riguardo al diritto di veto. I commissari europei non sono i rappresentanti dei loro Paesi, e anche la Commissione è gelosa della sua indipendenza.
febbraio 20, 2016