L’urgenza di dire che quello di Putin è terrorismo

marzo 22, 2022


Pubblicato In: Giornali, Il Foglio


C’è solo un modo per rimediare ai cedimenti ed alle debolezze di questi anni, e di non stare al ricatto: dobbiamo interrompere i ricatti del criminale seriale; altrimenti ci sarà un’altra Mariupol, ci saranno altre Crimee, ci saranno alti ricatti

Quando ho letto che Kadyrov, il leader ceceno, forte di 15 anni di (dis)onorato servizio agli ordini del Cremlino, aveva spiegato che la guerra andava come andava perchè i russi non sono abbastanza spietati e prestano troppa attenzione ai civili, e quindi chiedeva a Putin di “chiudere gli occhi consentendo di farla finita in un paio di giorni”, dando a loro l’incarico di “liquidare” alcune personalità chiave ucraine, tra cui il presidente Zelesnky, mi è tornato in mente André Glucksmann, che in Francia era alla testa del movimento a sostegno alla causa cecena, e di denuncia dell’atteggiamento compiacente dei paesi occidentali verso Vladimir Putin, e gli orrori della sua guerra (allora non era ancora obbligatorio chiamarla operazione speciale) per la conquista della Cecenia.

Nel 2003 Glucksmann scrisse Occidente contro Occidente e io feci la prefazione alla traduzione italiana: da una parte otto paesi, con Inghilterra Spagna e Italia in testa a sostenere la posizione americana sulla guerra all’Iraq, dall’altra Francia e Germania per il non intervento. Oggi invece la guerra in Ucraina ha compattato l’Europa e l’Occidente, è di nuovo quel polo che attrasse i paesi che erano stati chiusi dietro muri di cemento e cortine di ferro; non appena questi crollarono, quei paesi scelsero l’Occidente come proprio destino: lo fecero sia per ragioni geopolitiche, sentendosi “più protette” dentro la NATO (come disse Enrico Berlinguer, reduce indenne dalla via per Sofia), sia per ragioni politico-culturali, volendo vivere nella libertà e nella democrazia.

Non potendoci essere diversità di opinione sul fatto che la Russia abbia invaso l’Ucraina, a essere divise e contrapposte sono l’opinione pubblica (e gli show tv) all’interno dei singoli paesi dell’Occidente: dividersi sulle ragioni che hanno condotto la Russia a invadere, e sull’opportunità di invio di armi che consentano al paese di difendersi. Nessuno ha proposto un intervento militare in sostegno del paese invaso, neppure nella forma di una no fly zone.

Il maggior contributo teorico dell’appassionato pamphlet di Glucksmann è la definizione di terrorismo. “È terrorista, scrive, l’uomo armato che aggredisce deliberatamente esseri disarmati”: è la definizione che ne dànno le democrazie, quindi Guernica bombardata dalla divisione Condor all’ora del mercato, le Twin Towers fatte crollare all’apertura degli uffici, Varsavia punita da Hitler nel 1944, Groznj rasa al suolo da Putin nel 2001, Halabja gassata da Saddam nel 1988. “Con l’arte consumata di giocare cinicamente con le parole imparate dal KGB, Putin divulga un’altra accezione del termine, che ha di che incantare tutti i dittatori del pianeta: sarebbero terroristi “gli irregolari, i refrattari, i combattenti senza uniforme (Zelensky?) che mettono in discussione il potere stabilito”: è la definizione autocratica del terrorismo. Per la prima, il terrorista è nemico pubblico della gente, per la seconda, terrorismo è il nemico pubblico dello stato. “Il diritto di ingerenza deriva dalla legge non scritta di Antigone, il dovere di (aiutare a) fermare un massacratore è giustificato dal massacro. Il terrorismo, la tortura, lo schiavismo bastano a legittimare l’azione condotta contro questi flagelli”. E ora, col pretesto di una denazificazione, la deportazione che consenta al despota di realizzare “ein Volk, ein Reich, ein Führer”.

Non era bastato radere al suolo Groznj; si doveva aspettare la replica a Mariupol per dichiarare Putin un criminale? Non era bastata la Crimea, bisognava aspettare l’Ucraina per dichiarare la Russia uno stato canaglia? Quanti anni persi prima di provvedere a rendersi indipendenti dal loro gas, anzi, andando avanti a costruire il gasdotto che ci renderebbe ancora più dipendenti? D’accordo, c’è lo spettro di una guerra che non verrebbe più condotta con armi convenzionali: ma perchè il ricatto deve fare avere effetto solo una delle due parti? Certo, la Russia ha usato l’Ucraina per dimostrare l’efficienza del suo nuovo missile supersonico: ma è chiaro che un’arma che dà un vantaggio all’offesa rispetto alla difesa, aumenta la probabilità che chi non ne dispone sia indotto a colpire per primo?

C’è solo un modo per rimediare ai cedimenti ed alle debolezze di questi anni, e di non stare al ricatto: bisogna che il terrorista non esca vincitore: dobbiamo interrompere i ricatti del criminale seriale; altrimenti, una cosa è sicura, ci sarà un’altra Mariupol, ci saranno altre Crimee, ci saranno alti ricatti.

C’è un popolo che ha dimostrato oltre ogni modo di voler resistere e di saperlo fare: se non sentiamo il dovere “di Antigone” di intervenire per fermare il terrorismo, abbiamo l’interesse vitale che gli riesca di farlo. Non nel senso cinico che combatta per noi, ma in quello civico, della sferzata che ci ha dato, costringendoci a “uscire dal nostro sonnambulismo”. Come scrive Giovanni Cominelli ” si è capito che se non ci si prende cura della democrazia, della libertà [...] tutto rimane sempre in bilico e il male estremo è sempre alle porte”.

Occidente contro Occidente
André Glucksmann
Editore Lindau
Collana I Draghi
2004, pp 216






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La moralità della resistenza ucraina
di Giovanni Cominelli, – santalessandro.org, 19 marzo 2022

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