Thilo Sarrazin
L’Europa non ha bisogno dell’euro.
Come un’illusione politica ci ha portato alla crisi.
DVA Verlag
Pagg 462
Europa braucht den Euro nicht.
Wie uns politisches Wunschdenken in die Krise gefuehrt hat
DVA Verlag
Pagg 462
Un milione e mezzo di copie, uno dei 10 libri più venduti in Germania nell’ultimo mezzo secolo. Ha avuto travolgente successo e critiche feroci Deutschland schafft sich ab (che potrebbe tradursi con La Germania si sta eliminando) il precedente libro di Thilo Sarrazin: la denuncia della perdita di identità di una Germania sempre più vecchia per la riduzione delle nascite, più piccola per l’immigrazione musulmana, più piatta per la dipendenza da sovvenzioni statali, gli è valsa la richiesta, poi rientrata, di espulsione dal partito socialdemocratico.
Sulla scia di quel successo, e di quelle polemiche, è ora uscito L’Europa non ha bisogno dell’euro. Perché Sarrazin, socialdemocratico, responsabile per il progetto e l’esecuzione dell’unione monetaria tedesca, per 7 anni “ministro” di finanze e bilancio della città di Berlino, membro del consiglio di amministrazione della Bundesbank, è sì un polemista, ma non del genere che da noi è cresciuto sul terreno dell’antiberlusconismo militante: è uno dei più autorevoli politici ed economisti della Repubblica tedesca. In oltre 400 pagine di argomentazioni, citazioni, riferimenti storici, note (566!), grafici e tabelle, mette a nudo il contrasto, sul tema dell’euro, tra il politically correct del pensiero ufficiale, e il sentimento profondo della maggioranza del popolo tedesco.
Per Helmut Kohl, che lo disse al Bundestag il 6 Novembre 1992, “l’unione politica è il complemento indispensabile dell’unione economica e monetaria”: credere che l’una possa durare senza l’altra, è “fuorviante”. Ma allora avrebbe dovuto pretendere un preciso impegno per l’unione politica; invece Kohl era l’uomo delle grandi visioni, e così prevalse l’illusione che proprio per questa ragione, fatta l’unione monetaria, la forza delle cose avrebbe obbligato all’unione politica in modo quasi automatico. Ricalca le orme del suo padre politico Angela Merkel, quando nell’estate del 2011 afferma “Se cade l’euro, cade l’Europa”: come dire che, quando è in pericolo l’eredità di Konrad Adenauer e Robert Schumann, non si può indulgere in egoismi nazionali.
Sarrazin demolisce una per una le “verità convenzionali” sull’euro: che fosse necessario per rendere irreversibile l’unione europea; che abbia arrecato vantaggi economici ai paesi dell’eurozona; che sia stato in passato e possa essere in futuro utile alla Germania; che sia realistico pensare che una politica del bastone e della carota valga a correggere divaricazioni, quali quelle tra Nord e Sud in Italia o tra ovest ed est in Germania. Dubita che i difetti di costruzione dell’euro possano essere corretti in corsa. E pone la domanda chiave: che idea c’è sul ruolo degli stati nazionali in Europa, quello di garanti del funzionamento del mercato, mentre la concorrenza fa il resto, oppure quello di stati assistenziali?
Il libro ha un sottotitolo: Come un’ illusione ci ha condotto alla crisi. Illusione quella di Kohl che, novello Mosè, vuole guidare i tedeschi verso il loro destino europeo; “pensiero magico” quello di Helmut Schmidt che, parlando il 4 Dicembre 2011 al congresso dell’SPD, traccia un arco che, dalle colpe tedesche per l’Olocausto, attraverso l’eredità di Schumann e Adenauer, arriva alla moneta comune e alla necessità della condivisione da parte dei tedeschi dei debiti dei partner dell’euro. Sarrazin accusa “i deputati della SPD, dei Verdi e della sinistra che votano per gli eurobond” di essere preda “ di quel riflesso tutto tedesco per cui la colpa dell’Olocausto e della guerra possono venire cancellate solo quando le nostre sostanze, e i nostri soldi sono messi in mani europee”. Questo è il tema che ha fatto divampare le polemiche. Che però hanno il merito di consentire ai tedeschi, sia in coloro che mantengono viva la consapevolezza delle colpe del passato, sia in coloro che rivendicano l’autonomia politica delle decisioni in materia europea, di mostrare statura morale e dignità politica. E, al confronto, di lamentarne la carenza in chi, non tedesco, i comportamenti risarcitori da parte della Germania li pretende: come da noi è stato autorevolmente e ripetutamente sostenuto.
Sarà polemista Sarrazin, ma resta soprattutto un politico: e quindi crede alla politica e alla possibilità di vie d’uscita dal vicolo cieco in cui ci siamo cacciati. Per trovarle, dare risposta alle sue domande sarebbe senza dubbio un primo passo.
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