Le molte e varie critiche che suscita il progetto “libra” hanno tutte una preoccupazione in comune: che i dati sui movimenti finanziari possano essere uniti ai dati che già raccolgono i Big Data, consentendo una profilatura ancora più completa degli utenti. Una preoccupazione tanto legittima da poter essere, paradossalmente, ignorata: infatti se i proponenti non riusciranno a fornire garanzia che questo non accadrà, il progetto non riuscirà a decollare, perlomeno nei paesi sviluppati. I cittadini hanno dovuto tollerare che il fisco ricostruisca la totalità dei loro movimenti di danaro, mai accetterebbero un grande fratello, né pubblico né privato. Né, c’è da pensarlo, lo accetterebbero le 28 società finanziarie che già sono e quelle che saranno soci del progetto alla pari di Facebook, prime fra tutte le società che già trasferiscono danaro. Visa o Paypal esistono perchè diamo per scontato che i nostri dati rimangano privati: se si insinuasse il dubbio che non è più così, perderebbero l’intero valore del loro business. Tutte le operazioni saranno crittografate, probabilmente usando un sistema blockchain, ma reso meno costoso e più veloce di quello che è usato per i bitcoin. Per evitare gli usi criminali possibili con i bitcoin la titolarità dei conti dovrà essere in qualche modo assicurata. (E poi delle due l’una: non è possibile essere incolpati di non garantire la privacy e di offrire uno schermo ai delinquenti). E’ in senso tecnico, nel senso che i dati sono crittografati, che libra è stata chiamata criptocurrency. Una scelta non proprio felice, un nome diverso avrebbe evitato il fiorire di equivoci.
E’ dunque plausibile fare l’ipotesi di lavoro che il progetto contenga adeguate garanzie di protezione della privacy. E questo consente di fare un passo avanti e cercar di capire come funziona il meccanismo; incominciando da quello che potrebbe succedere nelle nostre economie Libra è una valuta sintetica, composta da euro, dollaro sterlina, yen: in questo modo le oscillazioni di valore verrebbero smorzate e la valuta si meriterebbe il titolo di stablecoin (sarebbe interessante sapere che cosa è previsto fare in caso di squilibri importanti). Ne deriva che necessariamente la politica monetaria continuerà ad essere fatta dalle banche di emissione. Libra Association, la società che emette libra, non farà prestiti, sarà come una naked bank, con asset e liabilities sempre in pareggio. Libra sarà convertibile nelle valute di cui è costituita ma euro dollaro sterlina ecc continueranno ad essere le sole monete di corso legale nei rispettivi Paesi. Se qualche bar vorrà accettare 0,986 libre invece dell’euro per un espresso, libero di farlo, ma si fatica a vederne il vantaggio. Se invece si trattasse di un vestito di Prada, immagino che sarà possibile pagarlo con lo smartphone addebitando (e Prada vedendosi accreditato) l’importo su conti su Libra Association se entrambi ne avremo aperto uno: e lo faremo solo se il costo sarà inferiore a quello che paghiamo oggi tra carta di credito e banche. Farlo è perfettamente legale, basta non dimenticarsi di metterlo nel riquadro RW della dichiarazione dei redditi, e calcolare l’eventuale profitto finanziario. Se a comperare il vestito di Prada in Galleria è stata la sig.ra Meyer di Hannover, il movimento di danaro avviene attraverso Bankitalia e Bundesbank, e viene annotato nel Target-2, così consentendo di tenere il conto della bilancia commerciale, tra i due Paesi: sembra complicato, in realtà non lo è più del roaming di una telefonata internazionale, il cui costo è stato alla fine eliminato, dato che corrispondeva solo a una rendita per le compagnie telefoniche.
Siamo talmente abituati a trasferire informazioni a costo marginale praticamente nullo, che lo prendiamo come un dato di natura. Trasferire danaro non è intrinsecamente più complicato; certo che non basta digitalizzare le singole operazioni, ma bisogna reinventare il meccanismo. Questo è ciò che vuol fare libra. Inutile opporsi: siccome è possibile e vantaggioso, qualcuno prima o poi lo farà. Meglio ingegnarsi a mettere le regole per evitare i possibili rischi.
Si è ragionato su come può funzionare da noi, perché è più facile da immaginare: ma è la parte di gran lunga meno importante. Ci sono le rimesse, trasferite da banche, poste ma soprattutto da money transfer: come scrivono Roberto Galullo, Angelo Mincuzzi e Luca Tremolada sul Sole24Ore del 24 Luglio, la Banca Mondiale calcola che nel 2018 le rimesse sono state pari a $689 miliardi, di cui $529 miliardi in Paesi a basso e medio reddito. Per loro, nel 2020 diventeranno la prima fonte di finanziamento esterno. Il costo medio per il trasferimento è del 7,1%, con punte, nell’Africa subsahariana, del 9,4%. $25 miliardi è la valutazione del costo delle commissioni, ma il numero è certamente sottostimato, e in crescita con la crescita dei fenomeni migratori. L’obbiettivo è ridurlo a $3 Miliardi entro il 2030. Eliminare questa rendita (che a volte sconfina nell’estorsione) è un modo più diretto, capillare, efficace di altre forme di aiuto ai paesi in via di sviluppo. Sarà la criptocurrency a eliminare la cleptocurrency?
Ma questa è solo una parte della storia che vuole scrivere libra. Ci sono nel mondo 1,7 miliardi di persone, il 31% della popolazione mondiale che non godono di servizi bancari (1,5 detraendo i cinesi che non possono avere accesso a Facebook e a internet occidentale). Farsi un conto in libra non dovrebbe essere tecnicamente più complicato che farsi un account su Facebook. I miliardi di utenti di Facebook vengono citati come spauracchio per incutere timore sulla potenziale dimensione planetaria della diffusione di libra e quindi sul potere nelle mani del gruppo che ne finanzierà l’emissione: ma si ignora la possibilità di accedere a basso costo a servizi finanziari efficienti che ora viene ora offerta a una significativa parte di quelli di cui Facebook ha soddisfatto il desiderio di connettività. Si ignora il nuovo enorme passo avanti che viene reso possibile anche a quelli di loro che la globalizzazione ha già fatto uscire dalla miseria.
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