Avvicinandosi la fine legislatura, l’agenda del Governo diventa vieppiù affollata: termini di legge da rispettareil DEF, la nomina del Governatore della Banca d’Italia-; grandi temi istituzionali da affrontarelegge elettorale, ius soli; ed anche numerosi e corposi dossier sui rapporti con le imprese. A questo riguardo, le posizioni prese dal Governo, tra i provvedimenti varati nel Consiglio dei Ministri del 13 Ottobre 2017 e gli ultimi (?) capitoli della vicenda reti Tim, vengono a definire una vera e propria nuova linea di politica industriale. Una politica che restituisce l’immagine di un Paese interventista, diffidente degli investitori esteri, convinto che sia necessario possedere per controllare, incapace di risolvere i guai delle politiche industriali del passato e incurante di quelli che produrrà quella nuova. Come si può constatare analizzandoli partitim.
Il Golden Power è una delega a porre un veto o delle condizionalità a qualunque passaggio di controllo su asset ritenuti strategici. Solo che strategico può essere qualunque cosa il Governo consideri tale; in passato strategiche sono state considerate le reti delle telecomunicazioni e dell’energia elettrica, l’acciaio, le autostrade, le ferrovie, l’Alitalia, l’Ansaldo Energia e perfino le catene alberghiere (siamo o no un Paese che vive di turismo?).
Nella norma “antiscorrerie”, invece, nessuna discrezionalità, vale per chiunque: chi compera il 10%, e poi il 20%, e poi il 30% di una società quotata, deve comunicarlo alla società in questione e alla Consob, precisando modi di finanziamento, se agisce da solo o di concerto, se intende fermarsi o proseguire, che strategie vuole adottare ecc. ecc. Che sia la fedele traduzione di un’analoga legge emanata nella patria di Colbert non è, come dicono i suoi proponenti, una giustificazione: al contrario, doveva essere una ragione per diffidare. Da noi, la disciplina dell’Opa introdotta con il Tuf – che fa scattare l’obbligo a lanciarla quando la quota di possesso raggiunge il 30% delle azioni – incoraggia la concorrenza per il controllo, potente stimolo all’efficienza del sistema. Invece la norma “antiscorrerie” è, fin dal nome, un’inversione a 180°, che oltretutto ci isola dal mercato dei diritti di proprietà.
Alitalia: la procedura che avrebbe dovuto metter fine a questa storia infinita l’abbiamo scritta noi. Quale fatto imprevedibile giustifica ora l’ulteriore ritardo? I €300 mio di nuovo prestito dimostra ai mercati che in Italia le cose possono essere gravi ma mai serie.
Ilva: quanti lavoratori debbano essere riassunti e a quali condizioni è una delle clausole del contratto con Arcelor Mittal; il governo deve solo farlo rispettare, dall’acquirente e dai sindacati. Se invece si mette impropriamente a mediare tra di loro, segnala a tutto il mondo che in Italia la certezza dei diritti degli investitori è un optional. Costituendo un nuovo fondo di 300 mio per finanziamenti a grandi aziende in difficoltà, compera tempo per la mediazione. E se Ilva non dovesse averne bisogno, le occasioni di chiedere il suo intervento non mancheranno.
Tim non compare esplicitamente nella delibera del CdM, ma ne è chiaramente l’ispirazione: è a proposito delle sue reti che è sorta la questione sulla nazionalità. Anche ammettendo che le reti abbiano valore strategico, fa differenza se l’azionista che esercita il controllo è italiano o europeo? Le imprese, come ha spiega C.A. Carnevale Maffè (sul Foglio del 18 Ottobre), sono apolidi, non hanno nazionalità perché non hanno cittadinanza e diritti ad essa associati; è proprio questo che consente loro di essere i veri protagonisti della globalizzazione. Il suffisso SE, Societas Europaea, introdotta nel 2004 col dichiarato obbiettivo di facilitare fusioni e acquisizioni all’interno dell’Unione, mirava a creare una sorta di Schengen delle imprese.
In Sparkle ad essere strategica è l’operabilità fisica, e lo è per lo Stato come per ogni azienda che ne acquisti i servizi: bisogna per questo mettere un commissario politico nel Consiglio di Amministrazione? La sicurezza dei dati è invece competenza di chi, esercito o banca, li cripta e li mette in rete. Pubblico non equivale a sicuro: basta guardare le falle nella pubblica Sogei.
Questa maggioranza da tre anni batte sul chiodo degli investimenti e della crescita; ha anche approvato riforme importanti, dal Jobs Act alla riduzione della pressione fiscale su lavoro e imprese; si dichiara, nonostante qualche intemperanza, paladina della nostra appartenenza europea.
È paradossale che adesso metta in campo misure che isolano le imprese dalla concorrenza nel mercato per il controllo, che allontanano gli investimenti esteri, e che tutte insieme formano un disegno di nuova politica industriale che riporta allo Stato l’ultima parola su ogni cosa che si muova sul mercato. Sicché senza l’assenso del governo le imprese non possono né crescere (golden power, antiscorrerie), né morire (fondo crisi, Alitalia).
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