Si é chiusa l’epoca eroica dell’Antitrust?
Ascoltando ieri il Presidente dell’Autorità presentare la sua relazione annuale provavo la tentazione di cedere a questo moderato ottimismo. Ricordavo le prime relazioni di Giuliano Amato, quando sembrava che “mercato” e “concorrenza” fossero le parole della fede di pochi iniziati, che avessero la carica rivoluzionaria di un vangelo da diffondere.
Se ora Giuseppe Tesauro può usare un tono fattuale per descrivere successi e difficoltà, per segnalare gli obbiettivi raggiunti e indicare i traguardi mancati, abbiamo solo da compiacercene.
“Il sistema concorrenziale introduce gli incentivi più efficaci per favorire [...] l’evoluzione economica e sociale. [...] E’ un’illusione credere di potere individuare in via amministrativa l’equilibrio tra domanda e offerta, come se fosse noto o prevedibile l’insieme delle possibilità produttive, dei beni e servizi disponibili e delle esigenze dei consumatori. I tentativi da parte della regolazione di sostituirsi al mercato nello scegliere il numero degli operatori presenti e gli ambiti rispetto ai quali essi sono autorizzati a competere producono gravi danni al sistema economico”.
Il fondamento teorico su cui si basa la giustificazione della concorrenza può così tranquillamente arrivare a metà della relazione, e, incastonato com’è tra la parte relativa ai grandi servizi pubblici nazionali e quella su professioni, commercio, resistenza opposta dalle amministrazioni locali, funge più da snodo che da cardine politico del discorso.
Con il suo tono oggettivo e concreto, la relazione di Tesauro mette in evidenza proprio questa contraddizione. Mercato e concorrenza sono oggi concetti accettati, perfino carichi di una valenza positiva; ma alla prova dei fatti, tanto per fare un esempio, nessuna amministrazione comunale é pronta a uscire totalmente dalle proprie aziende municipalizzate. “Nel corso dell’ultimo decennio [...] sono state prese iniziative volte a trasformare gli assetti normativi prevalenti [...] così da limitare gli interventi pubblica di natura più dirigistica.”
Ci si deve accontentare del “limitare” quando si avrebbe bisogno del “fare arretrare”.
Oggi la battaglia non è più sui principi, ma sulle loro ambigue applicazioni, non sui massimi sistemi, ma sulle sorde resistenze.
E queste provengono in primo luogo proprio dai corpi legislativi e dagli esecutivi, nazionali e locali, quasi tutta la presentazione della relazione è dedicata a denunciarle. Permane la situazione paradossale per cui sono le attività del pubblico più che i comportamenti dei privati, a necessitare dell’intervento dell’antitrust.
La relazione è dura verso il decreto governativo di liberalizzazione del settore elettrico, durissimo verso quello del servizio postale, cauta verso gli assetti che si determineranno nella pay-tv, critica verso la lentezza con cui si procede nel settore dei trasporti, aerei e ancor più ferroviari; preoccupata per l’attività delle regioni in materia di distribuzione commerciale. Tutti temi ben conosciuti ai lettori di questo giornale, che diffusamente li analizza e pazientemente li ripropone.
Alle riflessioni puntuali sui singoli settori, la relazione dell’Antitrust premette considerazioni al problema del rapporto tra concorrenza sul mercato dei prodotti e concorrenza per i diritti di proprietà, che suonano particolarmente attuali alla luce della vicenda Telecom.
La limitatezza del nostro mercato finanziario é stata strumentalmente invocata per evitare il perseguimento di assetti totalmente privatizzati, la cui contendibilità é stata diminuita vuoi mantenendo ingenti partecipazioni pubbliche, vuoi ponendo limiti al possesso azionario, vuoi con golden share.
I processi di privatizzazione in Italia, dice Tesauro, sono stati volti ” più del necessario e del conveniente” a obbiettivi di breve periodo, per i benefici che arrecavano alla finanza pubblica. ” E’ invece necessario procedere ad una identificazione preventiva degli assetti di mercato che meglio consentano ai meccanismi concorrenziali di operare effettivamente a beneficio degli utenti”. Ascoltando queste parole del presidente dell’Antitrust non si può fare a meno di pensare che se a questa “identificazione preventiva” si ponesse più attenzione, più rapida e meno traumatica sarebbe la sostituzione di assetti proprietari e gestionali inefficienti. Da Eni ad Enel, a poste, Ferrovie, Rai, municipalizzate: c’é ancora tanto mercato da creare.
C’è da augurarsi che i guai dei 18 mesi di Telecom privatizzata, che tanto erano sotto gli occhi di tutti da aver determinato il successo dell’OPA, insegnino qualcosa.
maggio 26, 1999