Non ha voluto perdere l’occasione, il Governatore della Banca d’Italia per ripetere l’ammonimento che non cessa di rivolgere al Governo ed al Paese: perché la vita nell’euro non sia un purgatorio, non basta aver riportato il deficit nei limiti, bisogna ridurre la spesa corrente e diminuire la pressione fiscale; solo così si possono ottenere la fiducia degli operatori ed i tassi di crescita indispensabili per aumentare l’offerta di lavoro. E non ha consegnato queste sue convinzioni ad un’intervista – che, come è noto, e’ sempre personale – ma le ha espresse nel corso di un’audizione alla commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato.
La divergenza di opinioni sulle scelte di fondo della politica economica e’ stata espressa in questi mesi con tanta sistematica frequenza da configurare indubitatamente un fatto rilevante. Non e’ possibile minimizzare, ascrivendo le divergenze a giudizi personali , da un lato i pessimisti che vedono il futuro come un purgatorio, dall’altro gli ottimisti che lo vedono come verdi vallate.
Neppure penso che la divergenza possa essere totalmente spiegata con il diverso ruolo istituzionale, e dunque con la diversa valutazione delle compatibilità politiche e dei prezzi che si devono pagare alla stabilità del quadro politico. In altre parole, c’è da chiedersi: Prodi e Ciampi condividono in pieno le analisi di Fazio, su spesa corrente, in particolare previdenziale, e quindi sulla politica fiscale, ma le ritengono non proponibili all’attuale maggioranza? Se si pon mente al valore e alle solide culture economiche di Presidente del Consiglio e Ministro del Tesoro, c’e’ da augurarsi che essi riconoscano in cuor loro che Fazio ha ragione.
Se cosi’ è non resta che pensare che la garbata tolleranza con cui vengono ricevute le puntigliose reiterazioni del Governatore significhi che ad esse si porge formalmente il rispetto dovuto a un servitore dello stato fino all’ultimo fedele al proprio ruolo , dandovi tuttavvia sostanzialmente poca attenzione e poco peso: giacchè la recita sarebbe alle ultime repliche, l’attenzione è ormai spostata tutta su Francoforte. La Banca Centrale Europea e’ orami l’interlocutore, è con ciò che essa dice, comanda e ordina che occorre fare i conti.
Se così fosse si trarrebbe di un errore. La devoluzione di sovranità implicita nel rinunciare ad avere una propria politica monetaria, lascia pure compiti di grande rilievo alla Banca centrale, e non solo nell’assicurare la solidità del sistema del credito. Nella Banca centrale europea, e’ il consiglio dei Governatori la componente dotata del massimo di autorità.
Soprattutto resterà nelle mani dei banchieri centrali la moral suasion che ne costituisce il vero potere,: il peso di un aggettivo, l’enfasi di una pausa possono avere in certe circostanze, sull’economia reale, conseguenze pari se non maggiori della variazione del tasso di sconto. Perché l’economia reale è la risultante delle decisioni degli individui, decisioni di investimento, di risparmio, di consumo, ed esse si formano sulle aspettative.
Mestiere e funzione dei Governatori, lo ricordava recentemente Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera, è quello di parlare agli operatori economici. E’ un mestiere possibile solo se si può attingere ad un patrimonio di credibilità costruito in decenni. E’ una funzione che può diventare insostituibile: comunque lo si chiami, purgatorio o paradiso, è certo che prima o poi shock asimmetrici –prezzi delle materie prime, tassi di interessi mondiali, derive tecnologiche, divari di produttività – produrranno tensioni nel nostro sistema economico. Quando questi shock si verificheranno ci troveremo allora nella condizione di ricordare i giudizi espressi con tanta forza da Fazio in questi mesi e di rimpiangere come un grave errore se avremo dato l’impressione che le direttive da lui indicate erano condivise da Via Nazionale e nn da Palazzo Chigi. Di fronte alle crisi che verranno non avremo la valvola della svalutazione. Avremo il governatore Fazio, membro insieme agli 11 colleghi del consiglio della BCE, avremmo, speriamo, un altro italiano nel suo direttorio. Ma saranno innanzitutto i pilastri di moral suasion a contenere all’Italia il prezzo di crisi che il ritardo di riforme strutturali potrebbe rendere assai piu’ temibili.
Il DPEF è stato presentato ed è da supporre che la risoluzione che lo accoglie non conterrà indicazioni di rilievo. La partita si sposta dunque alla Finanziaria, la cui discussione cadrà entro o a ridosso del semestre bianco.
Questa prospettiva potrebbe indurre il Governo ad accentuare la tendenza a cercare di limitare i danni prodotti dalle esigenze di Rifondazione Comunista lasciando alle articolazioni politiche della maggioranza il compito di fletterle o di contenerle: di continuare cioè a gestire i problemi come e’ stato fatto per le 35 ore o per l‘Enel. Ma rinunciare ad affrontare i problemi ed a proporre soluzioni indebolisce il Governo, e disarticola la maggioranza.
Meritatamente gustata la vittoria del 2 Maggio, attestato il riconoscimento a chi con la sua determinazione l’ha prodotta, pagato il prezzo dei ricatti che si e’ ritenuto di dover subire, gli ammonimenti di Fazio acquistano ancora maggior peso, meritano ancora maggiore considerazione. Nei mesi che separano il DPEF dalla Finanziaria bisognera’ che il Governo predisponga soluzioni perche’ la prossima finanziaria sia quella di Fazio e non quella di Bertinotti.
aprile 25, 1998