Affari&Finanza, pag. 1, 10
Caro Direttore,
“il popolo e le classi dirigenti tedesche non possono permettersi di sbattere fuori la Grecia ed è inutile ricordarne il perchè, stampato nella memoria del mondo intero a caratteri indelebili”, scrive Eugenio Scalfari nel suo editoriale della Domenica. Il perchè è stato sempre presenti nella memoria dei padri dell’Europa, da Jean Monnet, a Mitterrand e Kohl.
Il 94-enne Helmut Schmidt, parlando il 4 Dicembre 2011 al congresso della SPD, tracciava un arco a collegare la colpa tedesca per l’Olocausto, l’intesa tra Schumacher e Adenauer, fino alla moneta comune e alla necessità che la Germania si prendesse una parte del peso dei debiti degli altri paesi dell’eurolandia.
Thilo Sarrazin, nel suo ultimo libro, va oltre. Se per Schmidt la Germania ha la “necessità”, se per Scalfari “non può permettersi”, per lui “desidera”: desidera liberarsi dei sensi di colpa che la affliggono dalla seconda guerra mondiale, desidera condividere una forza per cui si sente la coscienza sporca.
L’Olocausto, per la sua unicità sposta su un altro piano ogni discorso che vi si riferisca: richiamarlo a questo proposito sarebbe sacrilego. Basta il ricordo delle trincee della Somme e delle città coventrizzate per gridare il “mai più guerre tra noi” che è alla base dell’Unione europea. E’ anche alla base dell’euro? C’è relazione tra il peso di quella storia e la creazione dell’euro? A me pare di no. Innanzi tutto perché non è necessaria: nei 40 anni da Roma a Maastricht non c’è stato nessun accenno di moti centrifughi, la posizione francese in materia di difesa non è mai stata considerata un pericolo, né le svalutazioni delle monete nazionali il possibile inizio di una guerra. E poi perché mentre Roma è la rinascita dal passato, Maastricht è la visione, economica e politica, del futuro; Roma è inglobante, Maastricht è vincolante, quella è un nucleo aperto a chi vuole entrarci, questa rende difficile a chi c’è di uscirne: chi, avendo adottato l’ euro, lo abbandona, esce anche dall’Unione e non può più rientrarci. E così deve essere, dato che questa unione monetaria per definizione non può consentire aggiustamenti di cambio. Anche il principio del no bail-out è parte costitutiva del progetto, è lo strumento necessario (anche se si è rivelato non sufficiente) perché la politica monetaria porti le politiche fiscali ad avvicinarsi gradualmente. Tutte cose che non hanno nulla a che vedere con le tragedie del passato. Non ci sono né risentimenti né sensi di colpa alla base della creazione dell’euro: sarebbe oltretutto una debolezza incompatibile con la pretesa di vederlo accettato come moneta di conto alla pari del dollaro.
Fare a meno dei sensi di colpa mi pare una considerazione rassicurante, preoccupante sarebbe il contrario: vorrebbe dire che una costruzione così ambiziosa, mai tentata prima d’ora, è fondata su altro che la meditata saggezza e la convergenza degli interessi. Peggio ancora sarebbe farsi guidare da sentimenti e risentimenti nelle attuali difficoltà, quando si sta prendendo coscienza che ci sono stati errori di progetto e si cerca di trovare soluzioni. Facendo leva su quanto è nascosto nel profondo delle coscienze dei popoli si possono magari avere dei vantaggi negoziali, ma si va in contraddizione con l’obbiettivo che si dichiara di voler perseguire. Perché la solidarietà è tra uguali, la compensazione invece è tra diversi.
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