Lettera al Direttore de L’Unità
Caro Direttore,
Che il mio “consiglio pratico” alla nostra parte politica di fronte alle “anomalie” di Berlusconi consista in un “meglio far finta di niente”, non corrisponde al vero. Tutto il contrario: il mio é un ragionamento proprio sulla strategia vincente per mandare a casa Berlusconi, e tu stesso così mi citi poche righe prima.
Eppure sia il mio pezzo (“Far come se Berlusconi non esistesse”, La Stampa, 12 Giugno), sia il tuo commento (“Il caso Italia e L’Europa”, l’Unità, 15 Giugno), prendono spunto da osservazioni quasi identiche: il mio, da una battuta còlta da una manifestante in Piazza Navona (“Ma quando vi decidete a mandare a casa Berlusconi?”); il tuo, dalla lettera di tal André Schmidt sul Financial Times, (“Non é il momento di far qualcosa sul conflitto di interessi di Berlusconi?”). Credo che siamo concordi nella risposta da dare, all’uno e all’altra: quando vinceremo le elezioni.
Azzero il tutto, e provo a riesporre il ragionamento.
La questione televisiva e la questione giudiziaria sono le due “anomalie” di Berlusconi, e sono anche due problemi reali del paese. Ci conviene fondare la nostra strategia sul protestare contro le “anomalie”, o sul proporre soluzioni per risolvere i problemi? Sono due strategie diverse, perché le “anomalie” sono parte del problema, ma non sono tutto il problema; certo non ne sono la causa (anzi, ci sono ragioni per sostenere che le “anomalie” sono figlie della mancata soluzione dei problemi: ma sarebbe un altro discorso). Se pensiamo che la strategia vincente sia offrire al paese soluzioni ai suoi problemi, cosa di cui sono fermamente convinto, quelli solo dobbiamo avere in mente, senza farci condizionare dalle “anomalie” berlusconiane: dobbiamo “fare come se Berlusconi non esistesse”.
Chiarisco con un esempio. L’anomalia televisiva sta nel fatto che Berlusconi possiede Mediaset, e quindi, da presidente del Consiglio, controlla praticamente la totalità dell’audience nazionale. Il problema RAI (canone che finanzia programmi generalisti, lottizzazione, struttura di governance, organici pletorici, bassa qualità) esiste indipendentemente da Berlusconi. Se vendesse Mediaset sparirebbe l’anomalia, ma resterebbe il problema. Invece se si vendesse la RAI, e si creasse da subito concorrenza nel mercato televisivo, si avvierebbero a soluzione molti dei problemi che ho indicato. Ma noi non lo proponiamo con chiarezza oggi, peggio, non l’abbiamo fatto quando eravamo al governo. Perché? Perché la nostra prima preoccupazione non era creare concorrenza e pluralismo, scongiurare il “rischio democratico”, ma tagliare le ali a Berlusconi, spedire Emilio Fede sul satellite. Era meglio “fare come se Berlusconi non esistesse”.
Prendiamo la questione delicatissima della giustizia. Il funzionamento del sistema giudiziario è un problema per il paese: lunghezza dei processi, sentenze incomprensibili, gestione dei pentiti, numero dei reati impuniti. E’ questa la priorità della sinistra che non chiamo giustizialista solo perché a te sembra una “strana definizione”, quella dei libelli pre-elettoriali, quella delle speranze post-elettorali, tante volte sentite, che, a “mandare a casa Berlusconi”, siano i giudici? Ci sono valide ragioni per separare giudici e PM dopo che abbiamo adottato il processo accusatorio; per evitare che l’obbligatorietà dell’azione penale diventi arbitrarietà dei PM: ma noi ne possiamo neppure discutere, per timore di aumentare così i poteri di un esecutivo che potrebbe essere guidato da Berlusconi. Mani Pulite ha lasciato ferite che proprio alla sinistra, per la sinistra, é essenziale sanare: ma non se ne può parlare, per timore che questo avvantaggi Berlusconi nei suoi processi. Per una riforma della giustizia che miri solo all’interesse del paese, la sinistra deve “fare come se Berlusconi non esistesse”.
Gli italiani, sapevano benissimo del conflitto di interessi di Berlusconi, erano perfettamente a conoscenza dei crimini di cui é accusato: ma l’hanno mandato a presiedere il Governo. Caro direttore, anch’io sono indignato delle leggi ad hoc, una dopo l’altra, della mancata promessa sul conflitto di interessi, lettera morta dopo due anni: per averne scritto con sarcasmo andai perfino su una tua striscia rossa, ne scrivo con durezza nell’articolo in questione. Ma credere che basti l’indignazione, il tono sempre più alto delle proteste per far cambiare idea agli elettori che l’hanno votato, significa pensare che fossero sciocchi o plagiati. Intrappolato com’è dalle sue “anomalie”, Berlusconi ai problemi del paese su giustizia e informazione proprio non può dare risposta. Ma neppure noi, se ce ne facciamo condizionare. Credere che la scelta degli italiani nel 2006 dipenderà anche dalla credibilità dei due schieramenti nel risolvere i problemi del paese, significa credere nella intelligenza degli elettori, nella logica delle scelte democratiche. Invitare la sinistra a misurarsi su questo terreno, a definire la propria strategia senza preconcetti, ragionando “come se Berlusconi non esistesse”, diventa dunque, in un senso nuovo, una questione di democrazia.
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giugno 20, 2003