«Noi, una rete globale». Virgolettato nel titolo, è questo l’obiettivo delle Ferrovie dello Stato: lo delinea, in un’ampia intervista su Affari & Finanza del 22 maggio, l’amministratore delegato Renato Mazzonicini. Questo il catalogo delle maglie che la compongono: rete fissa, segnalamento ferroviario compreso; traffico passeggeri – Frecce, lunga percorrenza, intercity, regionale; traffico merci; grandi stazioni; collegamenti con autobus; trasporto pubblico metropolitano, compresi 234 chilometri di metropolitane; manutenzione e costruzione di strade statali; ruolo di sistemista (o di main contractor) di tratte ad alta velocità; generazione fotovoltaica e stoccaggio di energia elettrica. Il tutto in Italia e in giro per il mondo.
È conveniente un programma così ampio? La convenienza per l’azienda la giudicano gli azionisti, se ci sono, e i creditori, che ci sono sempre. Ma per lo Stato? Certo che deve gestire l’azienda che possiede, ma suo compito superiore è gestire il Paese. Questo è fatto di utenti e di contribuenti, di investitori e di imprenditori, di incumbent e di concorrenti: a ciascuno lo Stato deve garantire la possibilità di perseguire i propri interessi.
Per Mazzoncini la convenienza deriva dalle “sinergie” tra le varie attività: una parola che all’analista suona sospetta, ricorda le conglomerate, i dinosauri degli anni 70. Che cosa hanno in comune treni, autobus, strade? Vivono tutti col contributo dello Stato per il servizio universale. Le Ferrovie lo classifica nel conto economico consolidato nei “ricavi per vendite e prestazioni” del settore trasporti: 2.358 milioni di euro nel 2016, più della metà dei 4.044 milioni di ricavi da mercato (Documento di Sintesi Finanziaria pag. 15). Per l’Anas il contributo copre il 100% delle spese, annuali per manutenzione e pluriennali per ampliamenti. Il trasporto pubblico locale sta in piedi grazie a un ingente sussidio dai Comuni. L’abilità di Ferrovie nello scrivere i contratti di servizio, questa è la sinergia: quella usata finora per i treni a lunga percorrenza e regionali, sarà fruibile domani dall’Anas per la rete stradale, forse dopodomani dai Comuni per il trasporto locale. Vieppiù aumentandone il potere contrattuale.
Ma la strategia vincente non è usare le sinergie per aggregare, è selezionare le attività più redditizie per concentrarsi su quelle. Questo richiede di avere contabilità per linee di prodotto, cioè senza sussidi incrociati. Sulla stessa rete viaggiano treni merci di diverse compagnie, treni passeggeri di diverse categorie e di diversi gestori: come spartire i costi e attribuire i ricavi tra rete ferroviaria e treni che ci viaggiano sopra? Come evitare quanto successe a Italo, cui per lungo tempo fu negato l’accesso a Roma Termini e a Milano Centrale? Ferrovie è proprietaria di Rete Ferroviaria e di Trenitalia: per eliminare il conflitto di interessi ci vuole la separazione proprietaria. Non si capisce perché ci sia tanta difficoltà a fare, per binari e linee di contatto, quello che si è fatto con vantaggio per rete elettrica ad alta tensione e tubi del metano. Ma su questo Mazzoncini tace.
Parla invece dello sviluppo estero: FS è già primo operatore in Grecia, secondo in Germania con l’acquisizione di Nitinera, presente in Regno Unito e Francia, e in California per l’alta velocità Los Angeles – San Francisco. E vuole crescere. Perfetto: ma è giusto che lo Stato impieghi sue (cioè nostre) risorse per l’espansione all’estero di una sua azienda? Quali vantaggi ne derivano in termini di minor costo per i passeggeri e minori imposte per i contribuenti? Nel trasporto pubblico locale è evidente che ai cittadini convenga eliminare il conflitto di interesse tra comune erogatore del servizio e comune proprietario dell’azienda: ma rimpiazzarlo col fornitore nazionale unico sarebbe un incubo. Il servizio di trasporto locale ha un ruolo importante nel rapporto democratico tra sindaci ed elettori, e questo lo ha per l’efficienza dell’azienda. La soluzione è invece che i comuni mettano a gara (europea) il servizio, come potrebbe avvenire a Roma alla prossima scadenza del contratto con Atac.
Più in generale: gli interessi divergono quando l’azienda vuole aggregare per tendere al monopolio, lo Stato privatizzare per aumentare la concorrenza. Non è compito dello Stato fornire il servizio di mobilità: lo è creare le condizioni per cui esso venga fornito col vantaggio di tutti. Non sono i prezzi amministrati a ridurre i costi per contribuenti e utenti, né le clausole del contratto a garantire la qualità del servizio, ma solo un mercato aperto a tutti gli operatori. Privatizzazioni e concorrenza: passa di lì la strada che consente allo Stato di perseguire l’interesse generale, all’azienda di realizzare le ambizioni che non vi contrastino.
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