Risposta alla lettera di Ida Vana, presidente Api Torino e Provincia.
La relazione tra ospitare la sede dell’Autorità ed acquisire per questo il titolo di «polo di sviluppo industriale delle telecomunicazioni» non sussiste: a meno che non si intenda trasferire per legge a Torino le sedi di Telecom, Mediaset e Pirelli. Chiarissima invece è la relazione tra le decisioni che l’Autorità assumerà e lo sviluppo del settore: e su questo non c’è, spero, alcun dissenso con gli amici dell’Api.
La lettera di Ida Valli alla Stampa.
A proposito dell’Autorità sulle Comunicazioni, ho letto sulla Stampa di martedì 16 settembre che «è davvero tutto il capoluogo piemontese, nel suo insieme di enti e forze amministrative, politiche, sociali, economiche a sostenere la candidatura».
Peccato che vi sia un’eccezione: il Senatore Franco Debenedetti, sulla prima pagina dello stesso giornale, si sforza di demolire (quasi) tutti i validi argomenti che la città ha presentato a sostegno della propria candidatura, pur precisando che sarà molto lieto se Torino sarà la sede prescelta. Secondo il Senatore la città e il Piemonte avanzano «altre ben più fondate richieste», l’interesse di Torino ad avere l’Autorità sarebbe «tutto sommato modesto», la nostra candidatura è un’offerta, non una richiesta.
Non intendo appellarmi allo spirito di patria (torinese) per condannare un articolo che avrà trovato certamente lettori attenti, né voglio riprendere le «ragioni per scegliere Torino», che sono state presentate nei giorni scorsi in modo più che convincente. Mi limito a due osservazioni: innanzitutto candidare Torino come sede dell’Autorità non è una richiesta estemporanea che la città fa al potere centrale, ma rientra in un’idea complessiva di sviluppo della città e del Paese.
Credo in un «sistema Italia» fatto di città – e di aree – con vocazioni industriali precise. In questo contesto Torino si candida ad essere il nodo della «capitale reticolare» ed il polo di sviluppo industriale con vocazione sulle telecomunicazioni. Questo è il vero contributo che la città può offrire al Paese.
In secondo luogo ritengo importante il fatto che inizi a maturare nella società torinese, e più in generale in Piemonte, la capacità di collaborare, al di là degli steccati ideologici e degli interessi particolaristici ad un progetto comune, utile a Torino e, quindi, al nostro Paese.
Quando questo avviene, la volontà di qualcuno di differenziarsi ad ogni costo mi lascia francamente perplessa.
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settembre 19, 1997