Gli annunci che i due contendenti per il controllo di Telecom pubblicano sui giornali fanno appello agli interessi individuali. Ma sono in gioco anche interessi collettivi, a quelli deve pensare il Governo. Il quale si trova in una posizione anomala: col suo 3,4% è ancora un azionista, ma, avendo deciso di uscire dalla gestione, non può giudicare su piani industriali. Per essere neutrale ha deciso di non partecipare all’assemblea. A ben vedere, la sola posizione neutrale sarebbe quella di non avere azioni in mano. Da un lato, per partecipare mantenendo la neutralità, dovrebbe immaginare quanti tra quelli che avrebbero comperato le azioni si pronuncerebbero oggi a favore delle misure antiscalata che Franco Bernabè sollecita; e si sa che non è neppure certo che, tra risparmiatori e fondi, si arrivi a mettere insieme il 30% del capitale. Se al contrario votasse a favore delle misure antiscalata, sarebbe certamente contro lo sfidante.
Poiché era praticamente impossibile rimediare e vendere prima delle assemblee, il comportamento che più si avvicina al non avere azioni è fare «come se» non le si avesse: cioè non andare in assemblea.
Se è giusto che il Governo in quanto azionista «improprio» cerchi con scrupolo la neutralità, la decisione di non andare in assemblea risponde anche a interessi collettivi, rispetto ai quali nessuna neutralità gli è concessa. E /poiché nessuno ha finora dedicato molto spazio agli interessi dei cittadini che non sono né azionisti né dipendenti di Telecom, sarà il caso di ricordare anche le loro ragioni.
1. Ragioni di correttezza. Per proteggersi dalla scalata Franco Bernabè offre agli azionisti di risparmio di convertire le loro azioni in ordinarie, ed agli azionisti Tim di comprare le loro azioni per contanti. Le conseguenze economiche sono state analizzate con precisione da Penati e Zingales sul Corriere della Sera di martedì. Intuitivamente basterà notare che le proposte, per essere accettate, devono essere vantaggiose per quelli a cui vengono avanzate. Ma poiché esse non hanno il potere di creare ricchezza, a pagare questo vantaggio non possono essere che le azioni ordinarie. Si avvantaggia quindi chi ha anche azioni di risparmio o Tim, verosimilmente i grandi fondi, a danno di chi ha solo azioni ordinarie, verosimilmente quei milioni di risparmiatori che hanno comperato dal Tesoro un anno e mezzo fa. Correttamente il Governo dovrebbe proteggere coloro il cui risparmio ha sollecitato. E tutti abbiamo interesse ad avere un Governo corretto.
2. Ragioni di efficienza. Responsabilità del Governo è promuovere l’efficienza del sistema economico, e la scalabilità delle imprese ne è un potente incentivo. Al solo annuncio di Opa, si sono prese decisioni che si trascinavano, piani che dormivano nei cassetti sono venuti alla luce; per conquistarsi il favore di grandi azionisti, Franco Bernabè ha addirittura rovesciato strategia finanziaria: indebitare la società prima era un delitto, adesso è incentivo all’efficienza. Per aumentare la concorrenza per il controllo, il Governo ha varato la legge Draghi. Il Tesoro darebbe un segnale negativo se, alla prima applicazione importante, prendesse atteggiamenti contrari allo scalatore, o, peggio, favorevoli a chi vuole rendere Telecom difficilmente scalabile. E tutti abbiamo interesse ad avere un sistema economico efficiente.
3. Ragioni di finanza pubblica. Chi vorrebbe che il Governo favorisse il mantenimento dell’esistente – da sempre i comunisti, ultimamente anche Franco Marini dà voce ai timori dei dipendenti, per cui ogni cambiamento di strategia o di organizzazione comporta la fatica di riconvertirsi, l’aumento di efficienza il rischio di doversi ricollocare. L’alleanza tra management e dipendenti è pericolosa per l’azienda, significa meno valore. Quanto a Telecom, giudicheranno gli azionisti se gli interessi di centomila dipendenti sono in conflitto con il loro.
Ma lo Stato ha ancora molte partecipazioni da di-smettere: e a quelle tocca al Governo pensare. Prendiamo Finmeccanica, alla cui sorte è legata la liquidazione dell’Iri entro il 2000, un evento simbolico, un impegno solenne. In attesa di trovare soci che vogliano partecipare ad uno dei gruppi privati che si cerca di formare in Europa nel settore militare, già si parla di ricorrere all’escamotage di parcheggiare Finmeccanica presso il Tesoro.
Sarà più difficile trovare un socio, qualora il Tesoro alla prima occasione non sappia mantenersi neutrale. Nella privatizzazione del residuo 35% dell’Eni – o dell’Enel, quando cadrà il veto dei comunisti – quanto ci costerebbe in termini di minori proventi il precedente di aver avuto cedimenti per timore degli insider? Vendere, e vendere bene, è interesse di tutti.
E Bankitalia a quali criteri vorrà ispirarsi? Per quanto riguarda il suo ingentissimo patrimonio, la Banca centrale opera come un investitore, sulla frontiera rischio rendimento.
Ma i mercati sono abituati a pesare ogni sua parola, interpretare ogni suo atto; e il, comportamento che assume oggi farà precedente. Rimettersi democraticamente al voto della maggioranza potrebbe essere anche per via Nazionale l’atteggiamento di maggiore prudenza per il presente, e di maggiore libertà per il futuro.
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aprile 8, 1999