Largo alla concorrenza

febbraio 12, 1994


Pubblicato In: Varie


Cosa chiede Franco Debenedetti, presidente della Fondazione Olivet­ti, a un Governo e a uno Stato pro­gressista? «Che non intervenga direttamente in economia come produttore di beni e come unico erogatore di servizi. Chiediamo soprattutto un quadro chiaro di regole che inseriscano dovunque nel mer­cato elementi di concorrenzialità. Ma il Go­verno dovrebbe anche e soprattutto svol­gere un ruolo di stimolo che consiste nel­l’individuazione dei veri orizzonti strategi­ci per le imprese. E dovrebbe anche inter­venire per evitare la spaccatura tra posti di lavoro ben protetti, che finiscono inevita­bilmente per introdurre elementi di distor­sione nella concorrenza, e occupazioni più incerte».

L’occupazione resta il problema centrale. Quali ricette propone Il Club degli imprenditori confluito in Ad?

Occorre evitare che la disoccupazio­ne diventi una con­dizione eterna. Chi è uscito dal mercato del lavoro da oltre un anno vede cadere le possibilità di rientra­re nel circuito. Non bisogna rendere il sussidio di disoccupazione un provvedi­mento a vita. Bisogna incentivare e mobilitare le energie di ciascuno. I contratti di solidarietà e le settimane cortissime sono tutti strumenti, seppure a salario ridotto, che mantengono il lavoratore all’interno del mondo della produzione, evitando che le professionalità vengano disperse e prezio­se competenze vengano sprecate. Il mer­cato del lavoro soffre ancora di troppa rigi­dità. Ed è proprio questo vincolo a rappre­sentare la principale causa dell’attuale disoccupazione.

Come giudica l’affermazione di Fausto Bertinotti, leader di Rifondazione comunista, «riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario»?

Sarebbe un vero e proprio disastro. E un’affermazione che va esattamente nella direzione opposta alla nostra. Credo comunque che questa opinione sia assai iso­lata nel dibattito economico del polo pro­gressista. E il fatto che sia così, non può che confortarmi.

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