Identità germanica ed europea in gioco in due importanti sentenze.
Apparentemente sono unite solo dalla coincidenza temporale, e non hanno alcun collegamento logico tra loro, i due processi che da alcune settimane occupano le prime pagine dei giornali tedeschi. Il primo è quello che ha avuto luogo a Colonia, dove la corte regionale, giudicando il caso di un bambino di 4 anni che era stato circonciso, ha dichiarato essere questa pratica un illecito penale. La seconda è quella della Corte Costituzionale di Karlsruhe cui è stato chiesto un giudizio di urgenza sulla legittimità di due pronunce del Bundestag in materia di euro. Ci sono evidentemente ragioni profonde se esse hanno tanto potere di attirare l’opinione pubblica, e di dividerla sulle ragioni espresse da giuristi e da politici.
Nel caso di Colonia la Corte ha ritenuto che la tutela dell’integrità fisica che la Costituzione tedesca garantisce a chi si trovi sul suo territorio sia inderogabile: la circoncisione è comunque un’operazione eseguita su un soggetto, che potrebbe domani disconoscere la religione dei padri e chiedere conto allo stato di non averlo protetto, quando non era ancora in grado di esprimere la propria volontà. Si dà il caso che il bambino in questione fosse musulmano e abbia sofferto e forse avuto danni permanenti. Se si ammettono pratiche che rispondono a precetti religiosi, perché non riconoscere anche quelle che rispondono a riti, consuetudini, canoni estetici: perché sì alla circoncisione e no all’infibulazione rituale, oppure alla pratica di deformare i piedi delle bambine in omaggio a cannoni estetici antichissimi?
Ma la circoncisione maschile in tenera età è riconosciuta, anzi addirittura consigliata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, e il bambino di Colonia era stato operato in un ospedale in un modo che la corte ha riconosciuto provetto: quindi se ne deduce che per la corte penalmente rilevante può essere solo l’intenzione religiosa per cui è stato eseguito. Il che equivale a stabilire che un ebreo non può seguire i dettami della sua religione senza violare la legge penale. Un’assurdità ovunque, in Germania poi, che mette in luce il conflitto tra il positivismo di un impianto giuridico logico-deduttivo, e la realtà di una vita fatta di tradizioni, di storia, di fede, su cui si costruisce una comunità: l’inserirvi il bambino è uno dei compiti che la legge stessa richiede ai genitori.
A Karlsruhe la Corte Costituzionale doveva pronunciarsi con urgenza su due leggi appena approvate dal Bundestag, il fiscal compact e il finanziamento del Meccanismo europeo di stabilità (Esm). Soprendendo tutti, il presidente Andreas Vosskuhle ha comunicato che per questioni di tanta importanza intende prendersi tutto il tempo necessario: si parla di settembre. Entrambe le leggi comportano prendere impegni che non hanno limiti di tempo, e quella sull’Esm anche cessioni di sovranità. Quale è il limite entro il quale un parlamento, sia pure eletto dal popolo, può cedere parti di sovranità che, per la costituzione tedesca, come per la nostra, appartiene al popolo? Con sorpresa di tutti il presidente Vosskuhle ha comunicato che per una questione di tanta importanza intende prendersi tutto il tempo necessario, di sicuro più delle tre settimane usuali nel caso di procedure d’urgenza: e c’è chi parla di un paio di mesi. In questioni di tale importanza, sostiene, poco importa quello che fanno i mercati: non senza qualche buona ragione, sol che si pensi a tante volte abbiamo sentito dire che era questione di giorni, e poi i giorni sono passati e non è successo nulla, o al debito greco dove perfino un taglio del 70% del debito non è stato considerato un fallimento.
Quello che la Corte ha messo in luce è la contrapposizione tra una concezione formale e procedurale della legge – il Governo propone, il Parlamento, a maggioranza qualificata approva, il capo dello Stato firma – e i valori profondi che costituiscono l’identità del popolo tedesco, di cui la Costituzione è espressione e che la Corte difende. Ma anche tra i provvedimenti di urgenza, i vertici a scadenze ravvicinate, le conferenze stampa concitate, e gli assetti istituzionali in cui si svolgerà la vita democratica in un futuro che la rigidità dei trattati rende praticamente senza limiti.
Con questa dilatazione dei tempi, qualunque sarà la decisione che verrà presa nel caso specifico dell’Esm, la Corte ha già ottenuto di avere posto sul tavolo il problema del rapporto tra identità nazionale ed identità europea: un problema che formalmente riguarda solo la Germania, ma in modo sostanziale per tutti i Paesi dell’euro.
Perché è il problema fondamentale della democrazia: che non è fatta solo di votazioni e di deleghe, ma del comportamento dei cittadini, degli orizzonti temporali su cui proiettano le loro visioni del mondo, delle tradizioni che guidano i loro giudizi, dei sensi di appartenenza che indirizzano le loro cooperazioni. Per quanto degradato sia il rapporto con i rappresentanti nazionali, per quanto sfilacciato quello con lo stato e la sua amministrazione, è questo il rapporto democratico che i cittadini sentono proprio. Pensare di sostituirlo con una figura rappresentativa eletta direttamente da tutti gli europei, chiedere loro di conformare la propria vita, accettare sacrifici o impegnare le proprie risorse in conformità con quanto proposto da funzionari distaccati dall’amministrazione, e deciso in consessi di rappresentanti nominati dai governi, è una pericolosa illusione. Che forse sarebbe meglio chiamare un inganno, a fin di bene naturalmente, portato a termine, complice l’emergenza. Un inganno che si sommerebbe a quello già compiuto in occasione della nascita dell’euro, quando i trattati costitutivi vennero proposti con la riserva mentale che essi avrebbero reso inevitabile in seguito di procedere verso un’unione politica e fiscale, esplicitamente esclusa dai contratti su cui si chiedeva l’approvazione.
La storia tedesca del secolo scorso – anche prima del 1933 – carica di un peso speciale ogni parole che abbia a che fare con i rapporti con l’ebraismo: nella sentenza di Colonia sulla circoncisione la cosa è evidente. Ma anche nell’europeismo tedesco c’è senso di colpa.
Perché anche questa è storia d’Europa, e la storia conta: il presente è carico di passato.
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luglio 20, 2012