La soluzione è seguire le leggi e organizzare un’asta comunitaria

febbraio 10, 1996


Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore


La questione torna alla mente a proposi­to di un progetto governativo se­condo cui le attività di gestione dei sistemi informatici della Ra­gioneria Generale dello Stato e del ministero delle Finanze, at­tualmente affidate a società del Gruppo Finsiel, dovrebbero esse­re scorporate, e conferite a una nuova società interamente di pro­prietà dello Stato.

Il disegno di legge 1704 è stato approvato dalla Commissione Fi­nanze del Senato in sede delibe­rante il 20 settembre 1995, con la sola opposizione della Lega; poi­ché sembra che alla Camera in­contri qualche resistenza, il Go­verno ha predisposto un decreto legge, che avrebbe dovuto essere approvato in una delle ultime riu­nioni del Consiglio dei ministri.

Perché tanta fretta? A marzo di quest’anno scade il contratto del gruppo Finsiel con la Ragioneria dello Stato, tra qualche anno sca­drà quello con il ministero delle Finanze, e le leggi comunitarie impongono che per stipularne di nuovi si debba indire una gara europea, trattandosi di fornitura a una pubblica amministrazione: la prospettiva deve apparire tal­mente sconvolgente ai nostri am­ministratori da indurli a promuo­vere un’operazione societaria che, in tempi che si vorrebbero di privatizzazioni, appare quanto meno controcorrente. E qui viene spontanea una serie di considera­zioni, alcune delle quali vanno ol­tre il caso specifico, e gettano luce sulle reali difficoltà e resistenze contro cui si scontra il processo di privatizzazione.

  1. La maggioranza di Finsiel ap­partiene alla Stet, società di dirit­to privato, quotata in Borsa. Se un contratto di fornitura va bene alla pubblica amministrazione quando la maggioranza della pro­prietà azionaria è dello Stato, e non va più bene in caso contrario, vuole dire che esistono dei rap­porti speciali tra l’azienda e il suo azionista di maggioranza. rappor­ti potenzialmente discriminatori e quindi a danno degli altri azio­nisti. E anche la dimostrazione più lampante che la sola presenza dello Stato nella compagine azio­naria sottrae di fatto il settore in cui opera l’azienda al normale gioco concorrenziale.
  2. Ma, si dice, qui si tratta di dove si elaborano i 740 di tutti i cittadini: vorrete mica dare que­sti dati in mano a un privato qualsiasi? L’argomento ha un im­patto emotivo, che non regge tut­tavia all’analisi. A livello azienda­le l’obbligo della segretezza viene già imposto a imprese private, a esempio a quelle che operano nel settore della difesa anche in Ita­lia: per non parlare degli Usa, do­ve i Sandia I.abs che sviluppava­no gli ordigni nucleari erano ge­stiti dall’ AT&T. A livello indivi­duale poi. è arduo sostenere che la proprietà azionaria renda un dipendente immune da possibili infedeltà. Sostenere, proprio nella repubblica dei pochi segreti e dei tanti misteri, che riservatezza e fedeltà siano virtù conferite come la grazia dello status di dipenden­te pubblico, dimostra solo quanto duro a morire sia il pregiudizio per cui pubblico è bene e privato quanto meno sospetto.
  3. Che lo Stato voglia gestire in proprio un servizio, è perfetta­mente legittimo, ed è al massimo un po’ barocco che lo voglia fare con ló strumento di una società posseduta al 100 per cento. Se decide di farlo, significa che ritie­ne di non essere in grado di ga­rantirsi con rapporti di tipo con­trattuale, e di dover quindi ricor­rere a quelli di tipo organizzativo. Significa dichiarare la propria in­capacità a definire prestazioni e qualità delle tecnologie, misurare i livelli di servizio, valutare i margini. Le imprese private han­no capito da tempo che la sverti­calizzazione consente guadagni di produttività che superano di gran lunga i costi di contrattualizzazione dei rapporti. L’idea di dover possedere per poter controllare, di cui si diceva all’inizio, è l’ammissione di una debolezza di fondo, che colpisce ancor più quando si consideri l’asimmetria di potere contrattuale tra un soggetto privato e lo Stato. Ma se non si supera questa incapacità, parlar di Stato leggero, regolatore e non erogatore, è pura retorica.
  4. Ci si permette di segnalare ai ministri del Tesoro, delle Finanze e al Ragioniere Generale dello Stato, che lo stesso problema venne affrontato e risolto in modo diverso dall’Inghilterra nel novembre 1994: il servizio informativo dall’Inland Revenue venne assegnato in base a gara all’americana Eds che se la aggiudicò contro altre tre società americane e due francesi. Il prezzo fu 1,5 miliardi di dollari per dare il servizio per 10 anni. Il risparmio; fu valutato nell’ordine del 50 per cento. Perché non provare anche noi?
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