La Scienza – I ricatti – I pregiudizi

giugno 29, 2004


Pubblicato In: Giornali, La Stampa

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Non conosco la storia della discarica di Parapoti; ho elementi generici sulle responsabilità dei poteri, nazionali e locali, legali e criminali; non ho mezzi per giudicare il rischio che liquami finiscano nelle falde acquifere. Non lo so e non mi interessa soverchiamente. So che in tutti i paesi civili del mondo gli inceneritori non inquinano, producono energia elettrica e acqua calda, si costruiscono senza bisogno di chiamarli termovalorizzatori. So che un paese civile non tollera di essere tagliato in due dalla protesta di una minoranza, comunque motivata. So che i timori di poche migliaia di cittadini non possono danneggiarne milioni.

Non ci sono solo le ore di lavoro perse, gli affari mancati, le lontananze sofferte. Già era stato grave il danno di Melfi, dopo Parapoti sarà ben difficile facile trovare imprese disposte a investire nel Mezzogiorno.
Un governo che si rispetti e si faccia rispettare non si lascia mettere nell’alternativa “o caricare o tollerare”. La “peste” delle discariche realizzate in modo approssimativo è reale, ma il “dalli all’untore” nasce da superstizione e ignoranza, l’humus su cui cresce è l’atteggiamento di sospetto o pregiudizialmente negativo verso la scienza. Combatterlo è operazione di lungo periodo, quando la gente è sdraiata sui binari è già troppo tardi.
Il precedente di Scanzano avrebbe dovuto insegnare qualcosa. Non ho autorità per giudicare un’indagine durata anni: ma non ci vuole molto per trovare risibili gli argomenti con cui si è fatta montare la protesta popolare. Per questo avevo provocatoriamente proposto che il sito dello stoccaggio delle scorie radioattive fosse anche il luogo dove far sorgere un centro che irradia conoscenze, ad esempio l’Istituto Superiore di Tecnologia. La stessa cosa si può dire di altre paure: quella del nucleare, che ci è costata la perdita di un settore industriale e la dipendenza dagli approvvigionamenti di gas e petrolio; quella delle malattie attribuite all’uranio impoverito; quella degli OGM; quella per l’esaurirsi delle risorse del pianeta. Agitando pericoli immaginari, il pregiudizio anti-scientifico finisce per impedire di vedere anche quelli reali.

Questo è un discorso che riguarda anche il centrosinistra, per almeno tre ragioni. In primo luogo lo riguarda come opposizione, ora che la prospettiva di avere presto responsabilità di Governo si sta facendo più concreta. In secondo luogo lo riguarda per una ragione di cultura politica: perché stanno nella sinistra gli eredi di una tradizione positivista, di una cultura scientista per cui la società è plastica e l’uomo nuovo è possibile, del mito faustiano che sottrae le terre agli oceani. Di questa tradizione che ha lasciato cimiteri, di uomini e di veleni, la sinistra si è liberata da tempo, e totalmente. Ma accanto a costoro convivono, pur se irriconoscibilmente mutati ab illis, anche gli eredi di un pensiero romantico, convinti dell’innocenza dello stato di natura, sospettosi della scienza e scettici del progresso. Di questi invece la sinistra non si è liberata. Anzi vi è chi continua a vezzeggiarli, e si compiace nel dirli non violenti, perché non rompono vetrine, e manifestano pacificamente. Ma la volontà di pochi non può condizionare le decisioni della maggioranza. Questa è la terza ragione: riguarda la sinistra che discute struttura, organizzazione e alleanze con cui si dovrà presentare agli italiani per chiederne la fiducia.

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